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«Nessun territorio è immune da infiltrazioni di vario genere e l’episodio che recentemente ha fatto puntare i riflettori su Viterbo lo dimostra». Così Mario Palazzi che questa mattina si è insediato ufficialmente al vertice della procura di Viterbo.
«Sarà che il mio portato è quello della criminalità organizzata e sono abituato a indossare certi occhiali, ma l’attenzione a preservare la legalità deve essere massima».
Nato a Napoli il 18 agosto 1966, Palazzi ha nel suo curriculum importanti esperienze come pubblico ministero alla Direzione distrettuale antimafia di Roma dove dal 2011 si è occupato di indagini contro la criminalità organizzata, in particolare quella albanese, lavorando nel pool coordinato da Paolo Ielo.
Ha maturato esperienze ad Ariano Irpino, dove ha svolto anche il ruolo di procuratore facente funzione per quasi un anno, a Perugia e Rieti.
Palazzi succede a Paolo Auriemma che, al termine dei due mandati, è andato a dirigere la procura di Rieti.
Alla cerimonia di insediamento, che si è tenuta nell’aula della Corte di assise del palazzo di giustizia di Viterbo, ha pronunciato il giuramento davanti a una platea composta da magistrati, avvocati e forze di polizia giudiziaria.
Accanto a lui il procuratore generale di Roma Giuseppe Amato, il presidente del tribunale di Viterbo Francesco Oddi, la sostituta procuratrice Paola Conti e Luigi Sini, presidente dell’Ordine degli avvocati.
Tra presenti i colleghi della procura capitolina e tra gli avvocati, il professore Carlo Taormina che Palazzi ha ringraziato personalmente per la sua presenza, chiamandolo al contempo come testimone sull’importanza di creare una cultura della legalità che agisca in via di prevenzione. Nel suo intervento Mario Palazzi ha parlato degli uffici giudiziari di Viterbo. «L’impressione è stata straordinariamente positiva – ha detto - grazie all'impegno dei magistrati che si sono succeduti, alla qualità del personale e delle forze di polizia. È un onore ricoprire un ruolo in un ufficio che parte da una base solida, ma ciò non significa che non possa essere migliorata. La sfida è più difficile, ma anche più interessante».