CIVITAVECCHIA – Undici lunghi anni. Tanti ne sono trascorsi dalla morte del giovane nocchiere brindisino Alessandro Nasta, a bordo della nave scuola Amerigo Vespucci. Il gioiello della Marina Militare era in navigazione da La Spezia verso Civitavecchia, quando il ragazzo precipitò dall’albero di maestra; un volo di quindici metri che risultò fatale, mentre effettuava la salita, detta “a riva”. Il marinaio, trasportato in elicottero, morì all’ospedale San Paolo a seguito dell’aggravarsi delle condizioni cliniche e per le numerose fratture riportate.

E la famiglia – mamma Marisa, papà Pietro e la sorella Federica - in tutti questi anni, con un grande dolore dentro il cuore, con compostezza ma determinazione, si è battuta chiedendo giustizia e denunciando il mancato rispetto delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

Oggi appunto, dopo più di sette anni dall’inizio del processo di primo grado, è arrivata l’attesa sentenza pronunciata dal giudice Vittoria Sodani, la quale ha accolto le richieste del pubblico ministero Federica Materazzo che aveva chiesto la condanna di tutti gli imputati per l’ipotesi di reato di omicidio colposo in concorso per violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. Condannati quindi gli allora vertici della Marina, con pene che vanno da un anno e due mesi a un anno e dieci mesi per l’ex comandante della nave Domenico La Faia e per gli ammiragli Bruno Branciforte, Giuseppe De Giorgi e Luigi Binelli Mantelli. Per tutti la sospensione condizionale della pena, con il risarcimento del danno da liquidare in un successivo giudizio civile, con il giudice che ha disposto comunque una provvisionale da 80 mila euro per ciascuno dei genitori e di 40mila euro per la sorella. Novanta giorni per il deposito della motivazioni, a seguito delle quali le difese dei quattro imputati decideranno se proseguire o meno con l’Appello, scelta che sembra comunque essere scontata.

Commozione in aula alla lettura della sentenza, con i genitori di Alessandro che non hanno trattenuto le lacrime, abbracciati a chi è stato loro vicino in questi lunghissimi anni. L’assenza è pesante e ogni giorni aumenta. Non è una sentenza a riportare in vita il figlio, «che abbiamo affidato alla Marina sano, così come viene richiesto – ha spiegato mamma Marisa – e che ci è stato restituito morto». Ma sicuramente, come spiegato dall’avvocato di parte civile Massimiliano Gabrielli, «è stato affermato un principio importantissimo: non sono le divise e non è il sistema dello Stato che protegge a se stesso a mandare assolti gli imputati. Oggi è stata confermata la responsabilità di tutti. E ricordiamo che, dopo quel tragico incidente, la nave è stata messa a norma, così come i dispositivi di protezione individuale».

E se è vero, come hanno spiegato i familiari, che la giustizia ha trionfato, la soddisfazione non riesce comunque ad emergere. «Non riesco ad essere contenta – ha sottolineato mamma Marisa – ho come un pugno nello stomaco». «Continueremo a vivere senza di lui, questa è la nostra condanna – ha aggiunto il papà Pietro, con le lacrime agli occhi - più andiamo avanti e più sento la mancanza di Alessandro».