MONTALTO - I famigliari di Ioan Puscasu non sanno capacitarsi della sentenza emessa dal giudice di Civitavecchia e ci tengono a precisare quanto per loro fosse importante il processo. Tanta amarezza per una sentenza che, dicono, “non ci rende alcuna giustizia” e anche per essere passati per quasi “disinteressati” a un processo “a cui invece tenevamo moltissimo”.

A parlare e a precisare, attraverso Studio3A che lo ha assistito unitamente a tutti gli altri famigliari, è in particolare Catalin, uno dei due fratelli gemelli di Ioan Puscasu, il quarantaquattrenne di origini rumene, ma in Italia da diversi anni e da ultimo domiciliato a Tarquinia travolto e ucciso da un’auto pirata nel tardo pomeriggio del 22 gennaio 2023, all’altezza del chilometro 113 della Statale 1 Aurelia, nel territorio comunale di Montalto di Castro. Una strada che stava percorrendo a piedi. “Siamo profondamente delusi dall’esito del processo: - dice Catalin - la persona che ha investito mio fratello non farà neanche un giorno di carcere e non è giusto”, lamenta Catalin Puscasu, alludendo alla sentenza pronunciata all’esito dell’udienza del 5 marzo scorso dal giudice del Tribunale di Civitavecchia dottor Giuseppe Coniglio. Il responsabile dell’investimento, M. M. 57 anni di Santa Marinella (Roma), che poche ore dopo si era costituito presso i carabinieri di Civitavecchia, è stato condannato a otto mesi di reclusione, pena sospesa, per fuga e omissione di soccorso, ma è assolto per il reato più grave per il quale, pure, il pm della Procura di Civitavecchia titolare del procedimento penale, dottor Alessandro Gentile, ne aveva chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio, sostenendone poi la condanna durante il dibattimento, celebrato col rito abbreviato secco scelto dall’imputato.

Una richiesta, quella del magistrato inquirente, suffragata dalle conclusioni della perizia che aveva affidato all’ing. Riccardo De Santis, per accertare la dinamica, le cause e le responsabilità del terribile incidente: alle operazioni peritali aveva partecipato anche l’ingegner Nicola Bartolini, quale consulente tecnico di parte messo a disposizione da Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini a cui, tramite l’Area manager Lazio e Umbria Matteo Cesarini, si sono affidati i fratelli e il figlio di Puscasu per essere assistiti, e che ha ottenuto per loro il risarcimento, unitamente all’avvocato Alessandro Giuseppe Maruccio.

M. M., conducendo il suo veicolo, una Citroen C3, in direzione Civitavecchia, “per colpa consistita in imperizia, imprudenza, negligenza e violazione delle norme sulla circolazione stradale, omettendo di regolare la velocità in orari notturni e in un tratto privo di illuminazione pubblica, nonché di conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizioni di sicurezza, specialmente l’arresto tempestivo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile, investiva il pedone Ioan Puscasu, - aveva scritto il pm nella sua richiesta di processo - cagionandone la morte avvenuta a seguito dell’impatto e del conseguente sbalzo nella carreggiata opposta”; il corpo della vittima, che stava camminando lungo la strada, è stato poi travolto e mutilato da diversi altri mezzi che sopraggiungevano nel senso opposto, verso Grosseto: una fine orrenda. E il tutto con l’aggravante - scriveva ancora il sostituto procuratore - “pur essendo stato coinvolto nel sinistro dal quale derivava il decesso di Ioan Puscasu, di aver omesso di fermarsi e prestare l’assistenza occorrente”: il conducente aveva motivato il suo mancato arresto con l’iniziale convinzione di aver urtato un animale. “Non riusciamo a capacitarci del fatto che, a fronte di questo quadro accusatorio, l’automobilista che ha ucciso nostro fratello sia stato ritenuto del tutto esente da colpe, se non quella di non essersi fermato”, ribadisce Catalin Puscasu, che però ci tiene anche a sottolineare quanto lui e il suo gemello abbiano avuto a cuore il procedimento penale a carico dell’imputato. “Il fatto che non ci siamo costituiti parte civile al processo perché già risarciti non significa che non ci tenessimo, io e mio fratello abitiamo ad Aosta e siamo venuti fino a Civitavecchia per seguire ogni udienza. Per i fratelli, tanto più se non conviventi, le tabelle del tribunale di Milano prevedono somme contenute, ii risarcimento non ci interessava, ci premeva che il responsabile pagasse per ciò che ha commesso e purtroppo non è stato così. Mio fratello Ioan, noi e suo figlio non abbiamo ottenuto giustizia” conclude Catalin. Ioan Puscasu ha lasciato anche un figlio di sedici anni che vive in Romania e a cui inviava buona parte dello stipendio che guadagnava con il suo duro lavoro di operaio alla Inam di Montalto.

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