CIVITAVECCHIA – Dopo la breccia di Porta Pia e la fine del governo temporale del papa re, i giornali clericali accentuarono le già feroci critiche nei confronti del giovane Regno d’Italia e di quanti avevano contribuito alla sua nascita.
Uno dei più bersagliati fu senza dubbio il generale Giuseppe Garibaldi, protagonista assoluto del Risorgimento nazionale e dell’Unità italiana.
In prima fila fra i giornali ultracattolici attivi nel dileggiare l’Eroe dei Due Mondi, si piazzava la rivista dei Gesuiti, “Civiltà Cattolica”, che non perdeva un colpo per canzonarlo in ogni occasione.
Così accadde nell’estate del 1875 quando il generale trascorse un periodo di convalescenza a Civitavecchia, ospite di Luigi Lucchesi, proprietario dell’albergo Orlandi, nella villa che possedeva sulla strada per i Cappuccini (oggi Villa Albani).
Garibaldi, scrive la rivista gesuita, “stette a Civitavecchia alcune settimane, bagnandosi in mare, pascendosi benino, camminando discretamente, accogliendo Deputazioni, ingolfandosi negli studii per la bonificazione dell’Agro romano e per la deviazione del Tevere, senza dimenticare gli amici”.
Poche righe dopo, i gesuiti sfoderano il pungiglione avvelenato: Garibaldi si era dimenticato “di pagar le spese all’ostiere”, cioè a Lucchesi che, pertanto, girò il conto al Municipio di Civitavecchia, conto che “ascende alla somma di L. 7.736 e 53 centesimi.
Fra le altre partite si citano L. 361 e 35 per lavatura di biancheria e 45 chilogrammi di ghiaccio ogni 24 ore. Il vino è così determinato: otto fiaschi di Chianti al giorno per la famiglia del generale; nove barili per un mese, alla servitù.
Ogni pranzo figura nel conto per cento lire; ogni cena per trenta. Questa nota ha spaventato il Municipio di Civitavecchia, e pare che la Giunta la trovi tanto esagerata che non vuole pagarla. Si vede che il signor Lucchesi ha inteso fare null’altro che un buon affare”.
La notizia fece velocemente il giro della Penisola, tanti giornali ne parlarono soffermandosi sull’insolito ed elevato consumo di vino da parte del generale e della sua famiglia. Anche “La nuova frusta”, altro giornale umoristico e sanfedista, ironizzò su tale consumo: “Vi figurano di più DUGENTOQUARANTA fiaschi di Chianti e NOVE BARILI per i due domestici. Che servitù di stomaco sicuro! Che gargarozzi a prova di bomba!”
Alla fine dell’articolo, intitolato “Frugalità liberalesca”, pubblicato il 26 agosto 1875, l’anonimo corsivista proponeva di “doversi collocare all’ingresso di villa Lucchesi una lapide con la seguente iscrizione di spirito tutto garibaldesco”:
Luglio e Agosto MDCCCLXXV
Qui – l’Eroe di Caprera – a chi mangia per vivere – ed ai preti che vivono per mangiare – insegnò – come si possa vivere – senza bere e senza mangiare”.
Su Villa Albani è posta una lapide che ricorda il soggiorno di Garibaldi ma non è certamente questa.
Enrico Ciancarini
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