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«Quest’anno le famiglie viterbesi pagheranno 76 euro in più per il servizio idrico rispetto al 2024, passando da una spesa media di 617 euro a famiglia dell’anno scorso a 693 dell’anno in corso».
Lo dice il segretario generale della Uil di Viterbo Giancarlo Turchetti in base a uno studio del Servizio stato sociale, politiche fiscali e previdenziali, immigrazione della Uil, diretto dal segretario confederale Santo Biondo.
«Quello che i viterbesi andranno a pagare – dice Turchetti – supera di gran lunga sia la media nazionale, passata da 473 euro per il 2024 ai 497 del 2025, ma anche tutte le medie ripartite territorialmente».
«Si continuano così a pagare tariffe elevate per il servizio idrico – prosegue Turchetti –, ma in molte aree del Paese, così come a livello territoriale, il servizio offerto è fortemente compromesso da reti obsolete, manutenzione insufficiente e perdite idriche che superano ogni soglia accettabile».
Sul fronte economico, a livello nazionale, come evidenzia lo studio della Uil, i cittadini più penalizzati sono quelli che vivono a Frosinone, Pisa, Enna, Livorno, Pistoia, Prato, Siena, Grosseto, Firenze e Arezzo, con un costo annuo che, nel 2024, va da un minimo di 742 euro a un massimo di 804 euro. A Isernia, Milano, Campobasso, Cosenza, Savona, Trento, Napoli, Monza, Avellino e Ragusa, invece, si registra una spesa media più bassa che, sempre nel 2024, va da un minimo di 159 euro a un massimo di 276 euro annui. Tuttavia, questo minor costo non sempre è sinonimo di efficienza, bensì di assenza di investimenti strutturali, come confermato da Utilitalia: al Sud si investono circa 30 euro per abitante all’anno, contro i 95 euro del Centro-Nord. Il risultato è un circolo vizioso: tariffe basse, servizi scadenti, reti in rovina e incapacità di accedere ai fondi Pnrr per mancanza di progetti tecnici o personale qualificato.
Un quadro preoccupante, aggravato dai cambiamenti climatici, ma anche dai ritardi strutturali e dall’inefficienza di lunga data nella gestione pubblica e privata delle infrastrutture. Dai dati del Pnrr disponibili, infatti, emerge che almeno 20 misure, tra cui molte legate all’acqua e all’energia, sono in affanno, con ritardi, gare deserte e opere ferme. Si segnala anche che su alcuni interventi come le “reti idriche al Sud”, i progetti sono in fase di stallo, mentre le perdite idriche continuano a crescere.
Dal punto di vista metodologico, l’indagine è stata realizzata elaborando sia informazioni o delibere messe a disposizione dai gestori del servizio idrico pubblici e privati sia alcuni dati Istat.
Le tariffe che, come è noto, si compongono di una quota fissa e di una variabile che dipende dal consumo dei volumi annui, da componenti perequative e dall’Iva al 10% sono riferite agli anni 2024 e 2025 e distinte per uso domestico residente. La casistica presa in esame si riferisce a un nucleo familiare composto da 3 componenti e a consumo annuo pari a 180 mc per due annualità.
Laddove le tariffe non sono state aggiornate, i calcoli sono stati effettuati su quelle ancora in vigore.
«In Italia – continua Turchetti – le famiglie destinano in media l’1,2% del proprio reddito al pagamento del servizio idrico, ma, nonostante ciò, una parte significativa della popolazione continua a non fidarsi dell’acqua del rubinetto: una famiglia su tre preferisce acquistare acqua minerale in bottiglia, una scelta che comporta rilevanti implicazioni ambientali ed economiche. A questa diffidenza si aggiungono problemi oggettivi, come le irregolarità nell’erogazione dell’acqua, segnalate da quasi una famiglia su dieci, che alimentano ulteriormente il ricorso a soluzioni alternative».
«Non possiamo accettare – dichiara il segretario confederale della Uil, Santo Biondo – che milioni di cittadine e cittadini paghino per un servizio che talvolta non ricevono o che presenta delle oggettive inefficienze. Le responsabilità non sono solo climatiche: il problema è strutturale, è nella mancata programmazione e nella gestione non adeguata di molte amministrazioni locali»