In occasione della Pasqua il vescovo di Viterbo, Orazio Francesco Piazza, ha scritto una lunga lettera pasquale alla comunità dei fedeli. Ecco di seguito il testo: 

Gesù Cristo è il Signore. Nostra unica speranza.

Carissimi Fratelli e Sorelle amati da Dio, Trino ed Unico; il tempo quaresimale che si conclude è stato tempo di grazia necessario per cercare di svuotare il cuore di ciò che, in noi, genera il disgusto delle alienazioni, delle asprezze e delle negatività che lo inquinano e poterlo poi riempire del miele della misericordia che rigenera, trasforma la vita, rinnova l’entusiasmo attraverso la luce della Risurrezione. Nel sentiero quaresimale ci siamo esercitati, con il dono della grazia, per una vera trasformazione dello stile di vita: tutti siamo ora chiamati a riconsiderare, nella luce pasquale, la persona e la trama vitale degli affetti e delle relazioni. È necessario ridisegnare il senso e le priorità nelle scelte in una prospettiva più fraterna, spesso perduta nella complessità del quotidiano: non esistiamo da soli, siamo coinvolti e immersi nella vita di tutti, soprattutto più fragili e poveri. Dobbiamo concretizzare questa opportunità in contesti personali, ecclesiali, economici e sociali, per ritrovare sobrietà, condivisione, reciprocità e mutualità, e, con rinnovato entusiasmo, accogliere la vita in pienezza. Le precarietà, le difficoltà, le prove, più che chiudere il cuore devono dilatarlo e renderlo fecondo attraverso gesti di misericordia e cura, nella consapevolezza che ognuno è necessario a tutti.

Tutto il sentiero quaresimale della purificazione del cuore e della conversione della vita è stato percorso nelle tappe che, lentamente e gradualmente, hanno riconsegnato vigilanza e maggiore cura di sé: deformata, reformare; reformata conformare; conformata confirmare; confirmata transformare. L’ultima tappa ci ha fatto sperimentare il dialogo, intimo e profondo, tra noi e Dio, consolidando le scelte con lo stile che nasce dal Mistero pasquale. «Eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità» (Ef 5, 8-10). Con la persona liberata da particolari resistenze, negatività, atteggiamenti, che hanno il sapore aspro dell’aceto, saremo meglio disposti a condividere, con motivata immedesimazione, la Settimana Santa: cammino impegnativo che rivela la Vita nuova nel Risorto. Celebriamo, con fiducia, la Veglia di trasfigurazione, Evento che consegna speranza certa di vita: è il passaggio pasquale di Gesù, il Cristo, crocifisso, morto e sepolto, ma riportato alla vita dal Padre (Christós anésti ek nekrón). La Pasqua è un evento sorprendente che sconvolge ogni categoria, ogni parametro o criterio di valutazione dell’ordinarietà nella vicenda umana. La notte della morte è attraversata dal dinamismo vitale dell’Amore che dona nuova forma al sacrificio e al dolore: la tomba chiusa è riaperta dalla Vita; dall’interno dell’ombra della morte, la Vita che non ha fine apre un irreversibile e definitivo processo di vivificazione dell’uomo e del creato.

Il dono di questa Vita, di cui siamo desiderosi, consegna un nuovo modo di abitare il mondo e l’umano, un nuovo rapporto con la realtà, soprattutto quando questa è resa più complessa e difficile dalla confusione dai tanti egoismi e scelte di morte. Si potrà sperimentare che, anche nella prostrazione più profonda, Qualcuno può risollevarci e consegnarci alla speranza rigenerante che non rimarrà delusa. Si potrà intimamente sentire che l’Amore misericordioso affianca e sostiene tra le ombre delle piccole morti quotidiane. Con Gesù, il Crocifisso, ma, soprattutto come Lui, dobbiamo fidarci dell’amore del Padre, facendo emergere la fiducia che, nella grazia, ci sottrae alla notte oscura della disperazione.

In questa singolare Notte di misericordia concentriamoci su di Lui; immergiamoci in questo Evento unico che svela al cuore “vera sapienza” e “apre sentieri di vita”. Nella disponibilità fiduciosa, lasciamoci prendere per mano dalla Misericordia che tesse una nuova trama del quotidiano; contemplando il Mistero di questa Notte Santa troveremo, in noi, il suo lievito di vita nuova: quello della fraternità e dell’amorevole cura. Sarà trasformato il vissuto quotidiano nella consapevolezza di poter affrontare e attraversare le inevitabili prove con autentica signoria di sé: via sicura per dare senso e valore alla vita. In questa Notte , la misericordia del Padre, che riporta alla vita il Crocifisso, si estende e si espande, attraverso i tanti cuori risuscitati alla speranza, per cantare l’Alleluia di una vita in pienezza per tutti. L’Alleluia gioioso si propaga, attraverso segni positivi di fraternità, fino a raggiungere le periferie dell’umano e del mondo: un canto di vita sgorga dal nostro cuore rinnovato e si esprime, attraverso le opere di misericordia pasquale, in volti luminosi che hanno i tratti dell’originaria immagine.

Le opere di misericordia che scaturiscono dalla Pasqua del Risorto rigenerano le relazioni, ricostruiscono la vita ricomponendo anche le macerie più rovinose. Non dobbiamo temere fallimenti e fragilità: il Risorto conserva le sue ferite; le stimmate della Sua offerta di vita sono il segno tangibile e riconoscibile del frutto maturo dell’amorevole dedizione. Contemplando le sue ferite possiamo riconsiderare anche le prove più laceranti come opportunità di un nuovo approccio al vivere. Infatti, non va considerata solo in sé la prova, è necessario valutare come la si vive. Pensiamo, in questa prospettiva, a quanto bene si può sperimentare già in noi stessi; quante nuove condizioni di vita si diffonderanno nelle famiglie, nei luoghi di lavoro, nella realtà civile e sociale, nel Territorio, attraverso lo sguardo e lo stile di misericordia; potranno rigenerarsi le relazioni, le amicizie, ben oltre le tante difficoltà che viviamo; potrà riqualificarsi la bellezza del nostro ambiente di vita che da tanti egoismi, spesso, subisce degrado e alienazione. Ai segni misericordiosi del Risorto, destinati ad ogni uomo, possiamo, ora, aggiungere i nostri. In questo tempo di rinascita bussano alla porta i riferimenti fondanti di una fede viva: fede radicata nell’intenso dialogo con Dio, cercato non tanto per le consolazioni da ottenere, ma per la bellezza dell’abbraccio consolante nello Spirito. Il soffio vitale della sua Presenza, nella nostra quotidianità, è l’autentico esaudimento di quanto speriamo. Se ci fidiamo del Risorto, potremo verificare che non tanto le cose riempiono il cuore e la vita, quanto le persone e la gioia di una relazione fiduciosa e confidente: la cura dell’altro, in una ritrovata serenità personale e nell’amicizia sociale.

La Pasqua del Signore Gesù è anche lievito che, in ogni contesto, fermenta e fa crescere la pasta delle relazioni fraterne: pane gustoso e buono di vita piena. Ma nulla di nuovo è scontato, nulla può essere raggiunto senza affrontare con determinazione e fiducia le molteplici difficoltà del cammino. In questo periodo, con il lievito della speranza, dono del Risorto, sapremo valorizzare ogni opportunità positiva. Bisognosi di un vestito nuovo, possiamo cucire, con l’ago del sacrificio e il filo della misericordia, il nuovo abito della fraternità, ecclesiale e sociale, utilizzando le stoffe di una ritrovata umanità, di una memoria creativa non frenata dai problemi, dell’amorevole fiducia, della pazienza e di una virtù provata (Cf Rm 5,1-5).

Questo comune desiderio di fraternità sia sostenuto dall’ascolto della Parola e dallo spezzare insieme il Pane, alimento di Vita e scorciatoia nel duro cammino verso la meta cercata. Nel celebrare la santa Pasqua, avvertiamo più intensamente la forza unificante dello Spirito del Risorto che ci compatta, come pietre vive, nell’edificio spirituale che è la sua Chiesa. Ritroviamo il gusto della comunione, la bellezza dell’essere Chiesa che vive la Pasqua del Signore. Insieme solleviamo lo sguardo, per contemplare, con gli occhi dell’Amore crocifisso e risorto, le nostre innumerevoli croci: riconosceremo nella Sua carne crocifissa anche la nostra carne segnata da ferite, convinti che quanto si è realizzato in Lui, si manifesta ora in noi, nel dono del suo Amore. Consolidiamo l’unione spirituale e fraterna nel vivere la Pasqua di Cristo, nostra unica speranza; «si spezzino le pietre dei cuori ed escano fuori dalla tomba, travolgendo ogni ostacolo. A nessuno, anche se debole e inerme è negata la vittoria della croce, e non vi è uomo al quale non rechi soccorso la mediazione di Cristo». Ogni persona sia pasta fermentata dal lievito che sgorga dal Risorto per rendere buono questo nostro tempo. «Procuriamo che le attività della vita presente non creino in noi troppa ansietà o troppa presunzione sino al punto da annullare l’impegno di conformarci al nostro Redentore, nell’imitazione dei suoi esempi. Nulla infatti egli fece o soffrì se non per la nostra salvezza, perché la virtù che era nel Capo fosse posseduta anche dal Corpo» (Leone Magno, Discorsi, 15). Il realismo con cui siamo chiamati ad affrontare le prove trova sostegno in una speranza che si specchia nel volto di Cristo, morto e risorto per tutti.

Con questa fiducia, desidero dire grazie a voi tutti che, mentre state sperimentando piccole morti tra molteplici difficoltà e dure prove, siete già segno di altrettante risurrezioni: la celebrazione della Pasqua pone il sigillo alla nostra comune speranza. Grazie a tutti voi che con me, in questo inizio di cammino come vostro Padre, Fratello e Amico, vi aprite a nuove sollecitazioni nell’obbedienza dell’Amore: a voi sacerdoti, religiosi e religiose, per quanto state facendo nell’affrontare, con nuovo slancio, le situazioni di ministerialità a servizio del Popolo di Dio. Esprimo gratitudine e riconoscenza a voi laici impegnati in ogni ambito, condizione e funzione, perché vi prodigate con dedizione e generosità al bene ecclesiale, civile e sociale. Desidero confermare alle Famiglie, in questo cammino sinodale: con l’aiuto di Dio, cercheremo di sostenervi in ogni modo. A voi ammalati e a quanti sono vicini nella cura, assicuro la mia e la comune preghiera: non siete soli.

A voi tutti, come Chiesa vivente, affido le parole di Atanasio: «La grazia della celebrazione festiva non è limitata ad un solo momento, né il suo raggio splendente si spegne al tramonto del sole, ma resta sempre disponibile per lo spiri-to di chi lo desidera. Egli che, per la nostra salvezza consegnò alla morte il Figlio suo, per lo stesso motivo ci fa dono di questa festività. La celebrazione liturgica ci sostiene nelle afflizioni che incontriamo in questo mondo, ci accorda la gioia della salvezza che fa crescere nella fraternità. Mediante l’azione sacramentale della festa, infatti, ci fonde in un’unica assemblea, ci unisce tutti spiritualmente e fa ritrovare vicini anche i lontani. È un miracolo della bontà di Dio quello di far sentire solidali nella celebrazione e fonde-re nell’unità della fede lontani e vicini, presenti e assenti» (Lettere pasquali, 5, 1-2).

Carissimi, in questa Pasqua del Signore Gesù, sperimentiamo la potenza dell’amore di Dio che richiama alla vita; cantiamo, tutti insieme, l’Alleluia che dona fiducia ai cuori; sentiamoci vicini

La “luce” della Risurrezione e uniti; lasciamo che la Sua grazia illumini e tra-sformi la nostra comune vita. Questo è il tempo «che ci porta e ci fa conoscere un nuovo inizio» (Atanasio, Lettere pasquali): dobbiamo dispor-ci a questo inizio con scelte che umanizzano e donano senso compiuto alla vita. E se sperimentiamo, malgrado tanti sforzi, ancora tante fragilità, ricordiamo a noi stessi che è importante il desiderio del cuore ; che «non conta quello che vede l’uomo: infatti l’uomo vede solo l’apparenza, ma il Signore vede il cuore» (1Sam 16, 6-7). E se questo è un desiderio essenziale ed autentico che tutti avvertiamo, non ci soffermeremo solo su difficoltà e limiti, ma renderemo ancora più intenso lo sforzo per far emergere, in noi, la grazia della vita nuova.

Lasciamoci illuminare, dunque, dalla luce della Risurrezione di Gesù, il Cristo; seguiamo-lo sul sentiero da Lui aperto per noi: non sarà vana la nostra speranza! Sia accanto a tutti noi l’amore della Madre nostra Maria, amata e venerata con il titolo Della Quercia; ci sostenga l’intercessione dei santi patroni Rosa da Viterbo, Lucia Filippini e Bonaventura da Bagnoregio, nella consapevolezza che un nuovo inizio è sempre possibile e che la luce del Cristo rischiara le nostre tenebre attraverso fede retta, speranza certa, carità perfetta e umiltà profonda.”

Orazio Francesco, Padre Fratello Amico