CIVITAVECCHIA – Un anno e mezzo dopo la tragedia, la famiglia di Giordano Sacchetti ha finalmente ottenuto la verità che cercava. Il diciassettenne studente dell'Istituto Marconi, il 7 dicembre 2023, è rimasto vittima di un tragico incidente stradale mentre tornava a casa da scuola. Le prime indagini, nell’immediatezza dell’incidente su via Raffaello Sanzio, avevano attribuito a lui la responsabilità del sinistro. I genitori del ragazzo, però, non si sono mai convinti di quella ricostruzione. E così, visionando personalmente le immagini di videosorveglianza poste sul muro perimetrale della caserma Piave che avevano ripreso nella sua interezza l'evento, e non concordando con le conclusioni, hanno deciso di conferire mandato, tramite il loro difensore, l’avvocato Andrea Miroli, ad un ingegnere esperto in materia di responsabilità stradale per verificare se la ricostruzione iniziale fosse o meno corretta.

A seguito dei suoi approfondimenti, il consulente tecnico della famiglia arrivava a conclusioni diametralmente opposte e cioè che le ragioni dell'impatto di Giordano Sacchetti contro il muro - impatto che gli causò la morte - erano dovute ad una manovra imprudente e in violazione del Codice della strada da parte di un altro minore, che alla guida del suo scooter svoltava a sinistra senza accorgersi dell'arrivo di Giordano che, a causa dell'impatto, perdeva il controllo della sua moto, finendo la sua corsa contro il muro. La famiglia ha quindi sporto denuncia per omicidio stradale contro l'altro giovane. La Procura del Tribunale per i Minorenni ha confermato le conclusioni del consulente della famiglia Sacchetti e il 17 giugno scorso il giudice ha disposto la messa in prova del responsabile.

«Giordano è morto per colpa di una condotta di guida imprudente di un'altra persona e non a causa sua - ha ribadito la famiglia - queste conclusioni non serviranno a lenire il dolore, ma almeno restituiscono la verità su quanto accaduto». Una vicenda dolorosa che dimostra l'importanza di non arrendersi di fronte alle prime ricostruzioni e il coraggio di una famiglia che ha lottato per restituire dignità alla memoria del proprio figlio. «È servita una complessa attività istruttoria per pervenire a tale conclusione - hanno concluso - ma questa è la verità».

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