Si firmano il “Comitato degli invisibili della sanità”. Sono gli operatori del centralino di Belcolle. «Quelli - rimarcano - che durante la pandemia sono stati pressoché gli unici interlocutori con i familiari disperati che non avevano notizie dei loro familiari ricoverati, che 24 ore su 24 abbiamo cercato di dare speranza anche se non era il nostro compito. Quelli che certamente non si considerano “eroi” come medici e paramedici e che, tuttavia, nel momento peggiore dell’epidemia non si sono sottratti dal proprio dovere recandosi a Belcolle giorno e notte per garantire un servizio forse meno nobile ma altrettanto necessario. Siamo anche gli operatori dei cup, che ogni mattina riceviamo centinaia e centinaia di utenti con la difficoltà di combattere con liste di attesa spesso indecorose per un Paese che si ritiene civile e che talvolta sono soggetti ad aggressioni che solo il plexiglass mantiene a livello verbale». Ora che hanno letto del piano di assunzioni nella sanità, hanno scritto al governatore del Lazio, Rocca, al commissario straordinario, Bianconi, ai consiglieri regionali Sabatini, Panunzi e Tidei, alla presidente della commissione sanità Savio e alle consigliere regionali Sberna e Ciambella perché si dicono amareggiati «Perché siamo lavoratori figli di un dio minore, tenuti a prestare servizi impegnativi a condizioni diverse, inferiori a quelle dei nostri colleghi dipendenti della sanità, anche precari ma che tuttavia – come nel caso di questi giorni – di tanto in tanto usufruiscono di una giusta stabilizzazione».

Il fatto è che si tratta di dipendenti privati che complessivamente da più di trenta anni prestano servizi in appalto. «Alcuni di noi - raccontano - erano un tempo lavoratori interinali, altri assunti da società appaltatrici avvicendatesi nel corso degli anni. In quanto tali, possediamo poche tutele, siamo turnisti ma non ci spetta buono pasto, una notte di lavoro ci viene retribuita con la maggiorazione di ben 1 euro all’ora e, ad ogni cambio di appalto seguente a gare al ribasso, ci viene applicato un contratto che ci abbassa il salario. I nostri colleghi di serie A - rimarcano - ricevono lo stipendio regolarmente nel mese mentre a noi ci tocca aspettare la metà del mese successivo e ci sono appaltatori che pagano anche con grande ritardo». Dal punto di vista sindacale dicono che, «con la unica eccezione del Cobas regionale e di Domenico Teramo che si sta battendo strenuamente, il massimo ottenuto è stata la rassicurazione dell’inserimento di clausole sociali nei bandi di gara per il mantenimento del posto di lavoro».

In tutta la regione sono oltre duemila lavoratori in queste condizioni. Ai destinatari della lettera chiedono «un impegno concreto a nostro favore, per sapere se ritenete giuste le nostre rivendicazioni o se, anche per voi, siamo e continueremo ad essere invisibili».