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Per il blitz animalista al mattatoio della Ilco di Acquapendente, il sostituto procuratore Massimiliano Siddi, ha disposto la citazione diretta a giudizio per 34 persone. L’udienza è fissata per il 16 ottobre 2026.
Si tratta di 14 uomini e 20 donne, di età compresa tra i 52 e i 21 anni accusati di furto aggravato di agnelli, resistenza a pubblico ufficiale e turbata libertà dell’industria o commercio.
Ventuno sono francesi e tedeschi, 13 sono italiani, nessuno è di Viterbo.
Il blitz è avvenuto nei mesi scorsi, nella notte tra il 15 e il 16 aprile, ed è stato organizzato nei minimi dettagli. Un video, firmato dal gruppo di attivisti 269 Liberation animale, ne ha ripreso i singoli momenti.
“Tutto è iniziato con un piano”, raccontano in un video postato sui social.
Nel filmato si vedono l’impianto, i corridoi e la piantina. Poi, il blitz “con tanti attivisti venuti da tutta Europa, abbiamo liberato delle pecore e preso d’assalto il mattatoio”.
Ad agire in simultanea due gruppi: il primo incaricato di liberare gli agnelli, l’altro di creare un diversivo.
Gli attivisti, vestiti di nero e incappucciato, sono entrati in azione intorno alle 2 e hanno liberato 17 agnelli. “Avremmo voluto portarli via tutti - scrive 269 Liberation animale: Sono stati portati lontano, con le persone giuste per prendersi cura di loro”.
Nel frattempo, il secondo gruppo si è incatenato all’interno del mattatoio. “Oggi nessuno sarà ucciso” la frase comparsa su in alcuni dei cartelli affissi nel corridoio che il gruppo ha definito il “corridoio della morte”.
Intervenute sul posto le forze dell’ordine per procedere allo sgombero, gli attivisti hanno opposto resistenza passiva tanto che è stato necessario l’intervento dei vigili del fuoco per liberare lo stabilimento che ha ripreso la regolare attività alle 15 del 16 aprile.
Gli attivisti sono stati quindi portati in questura e nella caserma dei carabinieri di Tuscania dove sono stati identificati mentre lo stabilimento ha ripreso l’attività.
Il titolare, Piero Camilli, ora è pronto a pronto a costituirsi parte civile con l’azienda, assistito dagli avvocati Angelo Di Silvio e Enrico Valentini.
«Per far valere una legittima opinione non è ammesso arrecare danni alle aziende che lavorano nel rispetto delle regole. Che valore ha la difesa di una opinione commettendo gravi reati?», commenta l’avvocato Angelo Di Silvio.



