CIVITAVECCHIA – Il 25 dicembre per il mondo cristiano è la data simbolica della nascita di Gesù. Ma non è sempre stato così. Nei primi secoli della Chiesa non esisteva una festa dedicata alla nascita di Cristo: l’attenzione era concentrata soprattutto sulla Pasqua, considerata come il cuore del mistero cristiano. La scelta del 25 dicembre arrivò quando il Cristianesimo era ormai stabilmente diffuso nell’Impero Romano. Pare che per volontà dell’'imperatore Aureliano, nel 274, si istituì ufficialmente il Dies Natalis Solis Invicti. L’Imperatore Costantino invece, dopo aver abbracciato la fede cristiana, nel 330 trasformò la festa del Sol Invictus del 25 dicembre in Festa Cristiana. Una delle spiegazioni più condivise riguarda appunto la coincidenza con la festa del Sol Invictus, celebrata proprio quel giorno per ricordare la rinascita del Sole dopo il solstizio d’inverno. Era una ricorrenza molto sentita: la luce ricominciava a crescere, vincendo il buio. Associare la nascita di Gesù – definito nei Vangeli “luce del mondo” – a questo momento dell’anno fu una scelta simbolica forte, di "cristianizzazione" di un rito pagano, capace dunque di intrecciare teologia, tradizione e sensibilità popolare. Non fu una semplice sovrapposizione, ma una reinterpretazione spirituale: la rinascita della luce naturale divenne immagine della luce divina che entra nel mondo. Molti elementi del Natale moderno derivano da tradizioni ancora più antiche. L’albero addobbato, ad esempio, affonda le radici nelle usanze nordeuropee che celebravano gli alberi sempreverdi, simboli di vita perenne anche nei mesi più freddi. Il presepe, introdotto da San Francesco nel 1223 e realizzato a Greccio dopo aver ottenuto l’autorizzazione da Papa Onorio III, rese la scena evangelica concreta, vicina, trasformando un racconto sacro in un’esperienza visiva e familiare. L’usanza dei doni, invece, si è formata nel tempo attraverso un intreccio di significati: richiama i Magi, certo, ma anche le antiche strenne romane e la tradizione della carità natalizia.

A dare un volto moderno al “portatore di doni” è stata la figura di Babbo Natale, evoluzione culturale di San Nicola di Myra, vescovo noto per generosità e attenzione ai bambini. Nel corso dei secoli, soprattutto nel mondo nordico, il suo personaggio si è trasformato fino ad assumere l’immagine rossa e sorridente che conosciamo oggi. Per i più piccoli, ricevere i regali resta il momento più magico delle feste: un rituale che attraversa culture e famiglie e che continua a raccontare l’idea di dono come gesto di affetto e condivisione. Oggi il Natale unisce la dimensione religiosa, culturale e familiare. Per i credenti è il mistero dell’Incarnazione ma per tutti rappresenta un tempo di pausa, di ritrovo, di interiorità e di condivisione. La scelta del 25 dicembre, pur non avendo una certezza storica definitiva, mantiene un valore simbolico fortissimo: proprio nei giorni più bui dell’anno la luce torna a crescere. È un messaggio di rinascita che supera i secoli e che continua a parlare anche alla vita di oggi, ricordando che ogni inverno porta con sé la promessa di una nuova luce. Buon Natale!

Alessandro D’Amico

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