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CIVITAVECCHIA – La fotografia scattata da Confcommercio sulla desertificazione commerciale è, per Tullio Nunzi, ex dirigente dell’associazione, “profonda e drammatica”. I numeri, spiega, «rivelano un indebolimento della vita urbana: meno sicurezza nelle città, meno comunità, meno rapporti».
Secondo le stime nazionali, «entro il 2035 rischiamo di perdere 115 mila negozi, il 20% del totale». E già oggi «sono circa 105 mila i locali sfitti». Una tendenza che, osserva Nunzi, riguarda da vicino anche Civitavecchia, dove tuttavia «non se ne è mai discusso seriamente» e dove «non credo siano mai stati pubblicati dati concreti su cui lavorare».
Mancano informazioni fondamentali: «Quanti siano i negozi sfitti, da quanto tempo, a quale categoria appartengano, se le chiusure sono più numerose in periferia o al centro». Eppure, basta “toccare con mano” il territorio: «Basta andare al mercato per capire come il fenomeno sia ormai dilagante, anche dal punto di vista visivo». A mancare, però, non sono soltanto i dati. Nunzi denuncia «la scarsità delle proposte di intervento»: niente progetti di riutilizzo dei locali, pochi servizi, «nessun incentivo fiscale», nessun «dialogo tra proprietari e commercianti» e nessuna «discussione per patti civici e canoni calmierati». Un immobilismo che si riflette anche su momenti cruciali per il commercio locale, come i saldi stagionali. «I saldi estivi e invernali rappresentano il 30-40% dei bilanci di molte tipologie di negozi di prossimità, quindi significano la sopravvivenza», ricorda l’ex dirigente. Eppure «non è stato proposto nulla: parcheggi gratuiti legati agli acquisti, eventi specifici, trasporto pubblico gratuito o rafforzato». Un vuoto che, secondo Nunzi, riguarda «non solo l’assessorato, ma anche le stesse associazioni di categoria». Il problema, sostiene, è l’assenza di una strategia: «Manca un approccio olistico, una visione generale, un piano specifico per l’economia di prossimità». Servirebbero «strumenti integrati per contrastare la desertificazione» e «eventi urbani» capaci di ridare vitalità alla città. E questo nonostante il commercio rappresenti «un settore primario per Civitavecchia, per occupazione e numero di imprese».
A complicare il quadro, anche la gestione della logistica urbana, «spesso utilizzata a scapito dei commercianti». Ma l’esempio più emblematico della «totale incapacità di visione generale» è, per Nunzi, il progetto Italcementi: «In una situazione tragica per i negozi di prossimità, proporre un mega centro commerciale sarebbe la scelta definitiva per la totale scomparsa dei piccoli negozi».
Il paradosso più evidente, aggiunge, è quello legato al turismo crocieristico: «Milioni di persone sbarcano, centinaia di migliaia rimangono, e la città e il commercio sono incapaci di attrarre». Una incapacità dimostrata dai numeri, «irrilevanti» secondo i dati Confcommercio.
Eppure una strada ci sarebbe. Per Nunzi occorrerebbe «mettere insieme i propri soci e avviare un itinerario dello shopping», costruendo «una vera rete commerciale» da proporre in progetti finanziabili. «Uno shopping legato alla cultura e all’enogastronomia, che è l’unico settore ancora attivo». Ma serve anche ascoltare chi arriva in città: «Bisognerebbe avviare un’indagine tra i crocieristi per sapere cosa chiedono e di cosa hanno bisogno. L’ultima risale a quarant’anni fa». Il rischio, avverte l’ex dirigente, è enorme: «Nei confronti del terziario c’è sempre stata una sottovalutazione, ora c’è una inerzia drammatica». Una mancanza di reazione che alimenta una desertificazione capace di far perdere «identità, sicurezza, convivialità, qualità della vita, coesione sociale».
Non tutto, però, è compromesso: «Non è un processo impossibile da fermare», sostiene Nunzi. «Ma serve la consapevolezza che è un problema di tutti: un problema economico e sociale. È a rischio la scomparsa di un’economia urbana». Sul fenomeno, denuncia, «aleggia uno strano conformismo della resa e del silenzio».



