Se un tempo per misurare l'umore di una città si ascoltavano i mormorii nei bar o le chiacchiere nei mercati, oggi basta aprire i social. E soprattutto su Facebook l’amministrazione comunale è in enorme difficoltà. Non solo per i video di satira e denuncia del degrado di Mario Benedetti, visualizzati da migliaia di persone, ma anche per le pagine stesse di diretta promanazione del Pincio, che - a partire da quella del sindaco Marco Piendibene – restituiscono un’immagine impietosa: quella di un’amministrazione in caduta libera nel gradimento cittadino. Pochi “mi piace”, tanti, tantissimi commenti negativi, spesso non filtrati e anzi lasciati lì, quasi come una bacheca della rabbia popolare.

L’ultimo esempio? L’annuncio, innocuo solo in apparenza, della partecipazione del primo cittadino a una trasmissione televisiva istituzionale. Il risultato è stato un diluvio di commenti: oltre sessanta, praticamente tutti critici. Il tema dominante? I rifiuti. Una città sporca, invasa dai sacchi, con raccolte mancate o ritardate, e con una percezione crescente di degrado urbano. E il colmo è che questa è la situazione dopo l’“annunciata rivoluzione” del porta a porta, quella partorita tra mille incertezze dalla municipalizzata CSP, che a metà ottobre ha detto addio al turno notturno senza averne, evidentemente, una valida alternativa.

Il risultato è sotto gli occhi (e il naso) di tutti: sacchi abbandonati, mastelli colmi e mai ritirati, gabbiani che fanno il banchetto e, a San Gordiano, persino cinghiali a passeggio tra l’immondizia. Un’immagine da terzo mondo, purtroppo confermata dai cittadini che quotidianamente fotografano e denunciano lo stato delle strade sui social.

Ma se i cittadini sfogano il malcontento, ben altro dovrebbero fare i rappresentanti istituzionali: spiegare, rispondere, assumersi responsabilità. Invece no. È accaduto che proprio Alessio Gatti, consigliere di amministrazione della stessa CSP, abbia pensato bene di rispondere stizzito al post di una cittadina indignata per il mancato ritiro della differenziata.

E che ha scritto, Gatti? Che gli abitanti di un quartiere (rei, secondo lui, di non usare i mastelli) sarebbero “peggio degli abitanti delle favelas”. Sì, proprio così. Parole incredibili, inaccettabili per chiunque – figurarsi per un amministratore pubblico che percepisce quasi 40.000 euro l’anno di compenso grazie proprio alle tasse pagate da quei cittadini a cui dà degli “zozzi”.

Se anche nel merito si può aprire un confronto – ad esempio sul fatto che i mastelli si siano rotti, o siano del tutto insufficienti – nel metodo e nel tono si è superato ogni limite. Non ci si può permettere di insultare chi con le proprie tasse (in particolare con la Tari tra le più alte del Lazio) paga stipendi e servizi. E questo vale tanto per Gatti quanto per l’intera governance della partecipata, sempre più in difficoltà, silente e priva di risposte concrete. Il piano di ristrutturazione? Ancora non pervenuto. I servizi? A singhiozzo. La comunicazione? Disastrosa.

Il sindaco Piendibene farebbe bene a riflettere. Perché quando i social, che dovrebbero essere strumenti di comunicazione e partecipazione, diventano tribunali popolari in cui si processa ogni azione dell’amministrazione, qualcosa non va. E se il termometro è davvero quello digitale, allora la febbre dell’esasperazione a Civitavecchia è già molto alta.

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