PHOTO
BAGNOREGIO – “Civita Luogo del pensare” rende omaggio al giudice che sfidò la mafia Antonino Scopelliti. L’appuntamento è per sabato 24 giugno in piazza San Donato alle 21.
A raccontare dell’uomo e del magistrato la figlia Rosanna in un incontro dal titolo ‘Mio padre Antonino, storia di un magistrato non ucciso dalla mafia’.
Recentemente la figura del giudice, che ha trascorso la vita a combattere terrorismo e criminalità organizzata, è stata raccontata nel podcast realizzato dal giornalista Massimo Brugnone. Tra le varie voci che costruiscono l’intreccio narrativo quella della figlia appunto.
La paura più grande che Antonino Scopelliti provava era probabilmente quella che qualcuno potesse fare del male alla donna che amava e a quella figlia nata nel 1983 che aveva tenuto nascosta anche ai propri fratelli e ai propri genitori.
Ed è proprio per paura di possibili ritorsioni che Scopelliti si sposò e fece annullare il matrimonio, affinché la relazione non risultasse dalle carte. «Sapeva di essere in pericolo – racconta Rosanna -. Giravo in una valigia rossa e a Reggio giravo in una cassetta di pomodori», racconta nel podcast Rosanna Scopelliti che ricorda di aver appreso della tragica morte del padre dal telegiornale: «La prima reazione che ho avuto è stata la negazione». Rosanna Scopelliti racconta poi di un vero e proprio “Protocollo valigia rossa” quando era in presenza del padre: «Davanti agli altri dovevo fare finta di non conoscerlo». A Scopelliti era stata affidata l’accusa davanti alla Corte di Cassazione del maxi processo contro la mafia siciliana imbastito da Giovanni Falcone. Venne ucciso il 9 di agosto del 1991, mentre era in vacanza in Calabria, sua terra d’origine. La sua è anche la storia di un delitto irrisolto, ma soprattutto di un uomo, un cultore del diritto. Un giudice di Cassazione che con la sua mente raffinata per il diritto, con la sua fermezza, con la sua caratura morale, con le sue capacità, faceva paura a tante persone. Non soltanto alle organizzazioni mafiose.