Non si può dire che l’amministrazione Frontini non sia pronta e ricettiva di fronte alle grandi scelte che riguardano il turismo, la cultura e le tradizioni. Basti ricordare due fatti recentissimi al riguardo: il previdente anticipo con cui si è dato il via alla preparazione, e alle linee guida, del Trasporto di Santa Rosa del 2024 e al velocissimo passaggio delle consegne da Gloria alla nuova Macchina, in appena ventiquattr’ore; l’unanimità e l’entusiasmo con cui il consiglio comunale ha votato la suggestiva e coraggiosa decisione di mettersi in lizza per concorrere alla straordinaria gara per il titolo di capitale europea della cultura 2033. Due importanti fatti simbolo, che praticamente tutta la città ha condiviso con un certo orgoglio.

Ma i problemi si complicano quando si tratta non di decidere in prospettiva, bensì di agire subito - e senza troppo storcere il naso - per preservare manifestazioni ed eventi che sono profondamente connaturati e legati al tessuto sociale e culturale di Viterbo. Insomma, pare che per l’attuale giunta sia più facile guardare avanti e programmare a distanza piuttosto che mantenere subito sani e salvi alcuni vividi capisaldi della vita della città, eventi che da decenni tengono per mano l’evolversi della nostra storia.

Siamo alle dolenti note, perciò. Prima il discusso no al mercatino di Natale al Sacrario, che pure emanava ondate di calore religioso e clima di festa, un no che ha tagliato fuori un bel po’ di turismo (povero o non povero) dalla tappa viterbese. Poi, piuttosto clamorosamente e confusamente, lo stop improvviso - che si rivelerà poi parziale - al tradizionale e sorridente “San Pellegrino in fiore”, diventato alla fine "Viterbo in festa" e spostato più in là perché, secondo la giunta, oggi non sarebbero stati sufficienti né i tempi né i soldi per organizzare e realizzare adeguatamente la manifestazione nei suoi canoni più apprezzati.

È stata questa circostanza, soprattutto, a provocare una mezza rivolta in città, abituata a ritenere questo ormai trentennale omaggio un inno all' accoglienza di Viterbo e al suo appeal.

Che poi questa festa sia stata salvata in extremis dalla Pro Loco e da altre cinquanta e più realtà private, con il supporto (ma in che forma?) dello stesso Comune - che ha fatto marcia indietro scendendo a più miti consigli - conta fino a un certo punto: la realtà è che Palazzo dei Priori si è pericolosamente allontanato per un pugno di giorni dal solidale sentire della città e ha messo a rischio la prosecuzione della vita di una kermesse vitale e profondamente condivisa.

Fatti, quelli che abbiamo citato, che non hanno giovato alla coesione cittadina.

In entrambi i casi, poi, quelle due scelte risultate sgradevoli alla popolazione - una neutralizzata per il rotto della cuffia - sono venute dalla stessa persona, che certamente non può essere tacciato di ignoranza: l’assessore al turismo e allo sviluppo economico, nonché stimato docente universitario, Silvio Franco, di cui le opposizioni, soprattutto Fratelli d' Italia, chiedono a gran voce le dimissioni e che la sindaca Frontini - pur insistendo sulla compattezza della giunta - ha di fatto sfiduciato gettando una ciambella di salvataggio a quella manifestazione - “San Pellegrino in fiore”, poi diventata appunto “Viterbo in festa” - che era ad un passo dal naufragio.

Il punto è comunque la concezione elitaria e un po' snobistica del tipo di turismo adatto a Viterbo, e dunque da incentivare, che va predicando il professor Franco.

Un turismo d’ elite artistico e culturale e non un turismo popolare e mordi e fuggi, attratto - per esempio a Natale - dall’atmosfera sacrale che si respira ma anche dal più laico culto del regalino in tema. E proprio qui vengono i dubbi. Privilegiando questo afflusso di turismo “ricco” - esigente e di nicchia - non si rischia di privare Viterbo di una larga fetta di utenza che, in ogni caso, affolla e vivacizza la città seppure spesso per poche ore?

Prima di fare scelte di questa natura, bisognerebbe dedicare un po’ di tempo e di attenzione alla posta in palio, che poi è la godibilità di Viterbo agli occhi di chi viene da fuori. Non poco, davvero. Per oggi come per domani. E quindi aumentare l’offerta, non diminuirla.

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