CIVITAVECCHIA – «È tempo che il Parlamento e le istituzioni locali si assumano la responsabilità di accompagnare, finalmente, questa città fuori dall’era del carbone. Non domani. Oggi». È questo il grido d’allarme lanciato da Avs Civitavecchia, alla luce dei recenti sviluppi che sembrano portare il Governo a posporre al 2038 il phase-out del carbone. Scelta giudicata dal partito come “miope e profondamente dannosa per il territorio di Civitavecchia”.

«Dietro la retorica della tutela occupazionale, si nasconde un immobilismo che rischia di cristallizzare il futuro della città, bloccando la tanto attesa riconversione del sito di Torrevaldaliga Nord – hanno denunciato da Avs –prolungare la vita della centrale a carbone non significa salvaguardare il lavoro, ma esattamente l’opposto. Il sito di Torrevaldaliga Nord, per come è oggi, è destinato a una progressiva perdita di produttività: la domanda energetica si sta spostando verso fonti rinnovabili, il contesto normativo europeo spinge in quella direzione, e il carbone è ormai un relitto industriale. Ritardare la riconversione equivale a rinunciare per i prossimi 13-15 anni a ogni possibilità di rilancio, bloccando investimenti, innovazione e progettualità.Questa “sospensione dello sviluppo” non tiene conto di un dato fondamentale: la centrale, anche se formalmente ancora attiva, non garantirà occupazione stabile né numerosa. Le unità operative si ridurranno, i contratti temporanei verranno meno, e l’inerzia costerà cara al tessuto economico e sociale della città».

Secondo Avs, quindi, il futuro di Civitavecchia non può restare appeso a una tecnologia del passato. «Al contrario, è già pronto un percorso alternativo e credibile: la riconversione industriale del sito, se avviata con decisione, potrebbe garantire lavoro e sviluppo per almeno un quindicennio – hanno aggiunto – le operazioni di smantellamento e bonifica, prime tappe di qualsiasi transizione seria, attiverebbero il comparto metalmeccanico e l’indotto locale per i prossimi 3-5 anni. Un’opportunità concreta per restituire dignità e occupazione a centinaia di lavoratori oggi sospesi in un limbo. E dopo? C’è un ventaglio di soluzioni industriali che andrebbero sostenute con forza: assemblaggio di pale eoliche, in un’ottica di rilancio industriale green, data centers, infrastrutture strategiche per la transizione digitale e capaci di generare lavoro qualificato, sistemi di accumulo (BESS), indispensabili per la stabilità delle reti elettriche moderne, rinnovabili on site, per valorizzare l’area senza consumare nuovo suolo, mini biodigestore di prossimità (fino a 60.000 ton/anno), coerente con i modelli di economia circolare e impatto limitato».

Il partito chiede quindi una politica competente, non demagogica. «Le scelte politiche che incidono così profondamente sul destino dei territori dovrebbero essere guidate da visione, competenza e responsabilità – hanno concluso - l’intenzione del Governo invece, appare come una mossa populista e inspiegabilmente demagogica: non tutela il lavoro, non promuove investimenti, non risponde ai bisogni reali del territorio. La vera politica industriale non è fatta di proroghe e rinvii, ma di progetti, infrastrutture, tecnologie, e soprattutto persone. Civitavecchia ha bisogno di un piano per il futuro, non di un’ipoteca sul passato».