Roma, 18 set. (Adnkronos) - Fumata nera al ministero del Lavoro. Dopo quasi quattro ore di confronto non si è raggiunto nessun accordo sulla cassa integrazione straordinaria richiesta da Acciaierie dItalia in as per 4.450 dipendenti (400 in più rispetto ai numeri attuali). La fotografia scattata dai rappresentanti dellazienda è drammatica, AdI si trova di fronte a crescenti squilibri finanziari impossibili da fronteggiare allattuale livello di produzione e più il tempo passa più la forbice tra costi alti e ricavi sempre più bassi si allarga. Il tempo avrebbero detto è il nostro peggior nemico. Via Flavia tira le fila e setta una deadline al 24 settembre, giorno in cui terminerà liter di esame congiunto, spiegando che, se anche unintesa non sia obbligatoria, visto che la cigs è già prevista dalla legge, serve una condivisione sociale in un momento complicato a cui si somma la procedura di vendita in corso. Non cè nessuna pistola puntata alla testa delle tute blu, e tuttavia a fronte di un accordo, la scadenza del 24 potrebbe slittare di qualche giorno fino ad una settimana, avrebbero chiarito i tecnici. Ma i sindacati sono irremovibili: per ora non ci sono le condizioni. Prima, affermano, il governo deve fare chiarezza sul destino dellex Ilva e deve dare risposte politiche a Palazzo Chigi. Lorologio continua a ticchettare, quindi, in attesa che la richiesta di Fiom, Fim e Uilm si concretizzi in una eventuale convocazione; intanto il prossimo incontro al ministero del Lavoro è stato fissato al 24 settembre, in mattinata. Il nodo del tempo, dunque, resta. Il mercato è in calo e i ricavi diminuiscono sempre di più, avrebbe spiegato, a quanto apprende lAdnkronos, il responsabile delle risorse umane di AdI Claudio Picucci, evidenziando che lultimo appuntamento a via Flavia risale al 25 giugno, seguito da tanti rinvii che stanno bruciando le risorse dellazienda. Ma quei rinvii, avrebbe replicato il dicastero, servivano ad avere informazioni dal livello superiore, e sono stati fatti in buona fede per accompagnare scelte che venivano fatte in altri tavoli, cioè quello politico gestito dallesecutivo. In ogni caso però, la produzione attuale non è sufficiente per reggersi in piedi: ci riusciamo grazie a finanziamenti pubblici, che però vanno sfruttati in maniera oculata, avrebbe evidenziato Maurizio Saitta, direttore generale della società. Quindi, listanza con i nuovi numeri di cassa determinerebbe condizioni che, salvo imprevisti, potrebbero traghettare lIlva fino alla fine liter di vendita; una procedura che è necessario concludere subito perché ogni giorno che passa è un granello di difficoltà e di disvalore. E per questo la posizione è di totale apertura: Siamo pronti a cercare un accordo per gestire questa fase. Vorremmo fare altro, ma abbiamo dei doveri istituzionali, avrebbe chiosato di Picucci. Anche perché il piano di marcia è confermato: fino alla fine di marzo 2026 si andrà con un solo altoforno, dopodiché allAfo2 si affiancherà anche Afo4. Si attende il dissequesto di Afo1, che secondo lazienda potrebbe arrivare entro una decina di giorni; in caso di esito positivo serviranno poi circa sei mesi e mezzo per rimetterlo in moto. Il fronte dei metalmeccanici resta compatto e chiede una convocazione da parte del governo, una posizione politica che indichi il senso di marcia degli stabilimenti dellIlva. "È stato un incontro duro, dai toni drammatici. Non abbiamo accettato l'impostazione dell'aumento dei numeri della cassa integrazione perché è ora di fare chiarezza su cosa il governo vuole fare di questa azienda, ha detto Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom. Nonostante riconosciamo limportanza di dover dare copertura ai lavoratori con la cassa integrazione, non ci sono le condizioni: questo incontro è stato anticipato da rinvii con date che si rimbalzavano, che è il sintomo di una mancata chiarezza da parte del governo di qual è la direzione che bisogna prendere", ha aggiunto Valerio DAlò, segretario nazionale Fim. Questa situazione è il risultato dellindecisionismo e delle mancate scelte del governo e delle istituzioni locali sullindividuare una soluzione alla crisi del più grande gruppo siderurgico italiano e del suo indotto, ha denunciato Guglielmo Gambardella, segretario nazionale Uilm. Per tutte e tre le sigle non possono essere i lavoratori a pagare il prezzo dei ritardi e delle necessità finanziarie dellazienda, né delle vicissitudini della gara per lacquisizione degli impianti, dove pare secondo alcune indiscrezione di stampa che gli azeri di Baku abbiano fatto un passo indietro lasciando la partita nelle mani di Jindal e degli americani di Bedrock. Serve chiarezza su dove si vuole andare a parare. Ci attendiamo quanto prima che questa chiarezza venga fatta nellatteso, già richiesto, prossimo incontro a Palazzo Chigi, è stata quindi la richiesta unanime dei sindacati. (di Martina Regis)