Roma, 6 dic. (Adnkronos) - Quanto accaduto oggi alla Fiera 'Più Libri Più Liberi' è semplicemente surreale. Metà degli espositori che abbandonano il proprio lavoro per inscenare uno sciopero ideologico, intonare Bella Ciao e gridare via i fascisti dalla fiera contro chi ha il solo torto di non pensarla come loro. È la rappresentazione plastica di un mondo culturale che, mentre predica inclusione, accoglienza e libertà, pratica quotidianamente esclusione, intolleranza e censura politica. Un copione sempre uguale: piccoli gruppi che si credono guardiani della democrazia ma che in realtà si comportano come proprietari privati dello spazio pubblico, decidendo chi può parlare, esporre, esistere". Lo afferma Raffaele Speranzon, vicecapogruppo vicario di Fratelli d'Italia al Senato. "Si permettono di dire questo sì, questo no, come se la fiera fosse casa loro e non un luogo pubblico. E quando si radunano in branco -aggiunge- si costituiscono in tribunale ideologico che ha già pronta la condanna preventiva con annesso linciaggio morale. È la vecchia conventio ad excludendum della sinistra che resiste a ogni cambiamento della realtà, che non accetta il pluralismo, che considera pericoloso tutto ciò che non si conforma al proprio catechismo politico. Colpisce lipocrisia: nessuno di questi editori partigiani ha mai chiesto di censurare titoli comunisti, anarchici, estremisti di sinistra o testi che fanno apologia di ogni possibile deriva ideologica, purché sia dalla loro parte. Colpisce ma non stupisce larroganza: impedire ad altri di parlare viene vissuto come un atto nobile, un gesto moralmente superiore. Colpisce ma non stupisce lignoranza: chi pratica lostracismo crede di essere il baluardo della democrazia, quando sta invece incarnando il suo opposto. E colpisce anche il paradosso: proprio mentre la destra al governo lavora per ampliare libertà, pluralismo e responsabilità, una parte del mondo culturale reagisce con rabbia e chiusura, irrigidendo posizioni e trasformando una fiera del libro in un rituale di esclusione politica". "Il messaggio è chiaro: la violenza e lo spirito totalitario non appartengono a chi pubblica libri, ma a chi vuole vietarli. Le idee si combattono con altre idee, non con cori da stadio e teli abbassati per censurare il vicino di stand. Questa scena indecorosa è lennesima prova che, per certa sinistra, la parola democrazia vale solo se coincide con il loro pensiero. Tutto il resto è eresia da perseguitare. Ma lItalia -conclude Speranzon- non è più disposta a farsi intimidire da minoranze rumorose che pretendono di dettare legge su ciò che si può leggere, discutere o pensare".