Viterbo ha ricordato Giovanni Palatucci, l’ultimo questore di Fiume italiana in occasione del 79° anniversario della sua morte, avvenuta il 10 febbraio 1944, nel campo di concentramento di Dachau, dove era stato deportato con il numero di matricola 117826 in alternativa alla condanna a morte per “cospirazione e intelligenza con il nemico”. Due le iniziative ieri mattina all’istituto Paolo Savi: un incontro con gli studenti e poi la messa a dimora di un albero nel giardino della scuola con una targa, entrambi donati dalla Provincia. La colpa di Palatucci fu quella di aver salvato la vita ad oltre cinquemila ebrei italiani e stranieri, cancellando per sei anni dagli archivi dell’Ufficio Stranieri di cui era responsabile, le tracce della loro appartenenza alla razza ebraica e di aver continuato la sua attività anche quando la città di Fiume fu occupata dai nazisti. Avvisato che stava per essere scoperto volle restare al suo posto per non far subire ritorsioni ai suoi collaboratori che lo avevano aiutato «scegliendo liberamente - come ha ricordato di rispondere alla legge morale dell’umanità anche in un periodo in cui l’umanità era scomparsa» come ricordato ieri il professor Stefano Grego, testimone della Shoah. Le numerose domande che i ragazzi hanno posto al questore, Fausto Vinci sono state indice della piena comprensione del messaggio lasciato da Giovanni Palatucci: altruismo, senso del dovere, generosità, coscienza civica, umanità, pace di cui tutti siamo quotidianamente responsabili e moralmente chiamati a contribuire per la crescita dell’umanità lottando sempre contro l’indifferenza di molti.