«Quando una categoria produttiva ha un fronte disunito e frammentato lascia campo libero alla controparte che ne trae forza. Divide et impera è il vecchio motto che purtroppo spesso funziona. Questa considerazione vale per le ultime fasi della trattativa sul prezzo del latte. Ovvero: invece di partecipare a un incontro fra tutti gli attori convocato a Testa di Lepre, una parte di questi ha chiuso un accordo “privato” fissando un prezzo che si presenterà inevitabilmente come riferimento per tutti. Ma non solo». Lo dicono in una nota congiunta Confagricoltura Viterbo-Rieti, Cia Lazio Nord, Confagricoltura Lazio e Copagri Lazio.

«Dando l’immagine di una filiera produttiva divisa - aggiungono i rappresentanti delle tre siglie - gli industriali hanno già imposto e ottenuto a fine febbraio che dal primo del mese avrebbero pagato il latte a 3 centesimi in meno del pattuito. Ovvero allo stesso prezzo che una parte ha accettato da aprile a giugno non onorando l’accordo già fatto. Fermo restando che i patti e i contratti vanno rispettati, il punto non è tanto la discussione del prezzo ma il modo in cui ci si è arrivati. Cioè attraverso una bruttissima spaccatura del fronte degli imprenditori agricoli. Questa è la responsabilità di chi ha scelto una trattativa separata rispetto a quella comune e condivisa: dare forza agli industriali che hanno capito perfettamente la frattura creata e il vantaggio che hanno acquistato nel dettare unilateralmente le regole e i prezzi». La filiera del latte è complessa e anche complicata sia nei meccanismi che nelle articolazioni geografiche e produttive.

«A questo punto - aggiungono le rappresentanti di categoria - per evitare fughe incontrollabili e tendenze al ribasso dei prezzi pagati per il latte ai produttori, Cia e Confagricoltura insieme a Copagri chiedono che, a fronte della accettazione del prezzo già fissato, ci sia una riapertura e una ricomposizione unitaria del tavolo cui partecipino le associazioni e i produttori per riprendere a discutere e trattare insieme le dinamiche che riguardano tutti noi. A partire dalla richiesta ferma che i patti chiusi vengano onorati. E nella certezza che se la filiera produttiva fosse stata unita avremmo ottenuto un prezzo più alto e a condizioni migliori. Anche perché ci sono sempre le stime Ismea secondo cui nel Lazio produrre un litro di latte costa 0,65 euro, ovvero ben sopra il prezzo fissato».

«Noi produttori, inoltre - conclude la nota - vogliamo sottolineare che mentre il prezzo del latte pagato alla stalla scende, quello del latte sullo scaffale invece resta per i consumatori invariato.