Novemila braccianti che lavorano in 11.400 aziende agricole della provincia, 1300 quelli che operano a Viterbo, soprattutto nella zona di Castel d'Asso. Sono i dati della manodopera straniera nel settore agricolo della Tuscia forniti dal segretario organizzativo del sindacato di categoria Uila Daniele Camilli, rimarcando che «la questione bracciantile, con le criticità legate a sfruttamento e caporalato, è una delle principali problematiche sociali».

E con l’obiettivo di continuare a porre la questione al centro del dibattito politico e culturale nasce l’università dei braccianti.

Il progetto, ideato e voluto dalla Uila Lega comunale di Viterbo e dall'associazione culturale Luigi Petroselli, è infatti il primo e unico in Italia. “Un ateneo” aperto a tutti, non solo agli operai agricoli, sviluppato in due percorsi, entrambi gratuiti: da un lato un corso base di lingua italiana a partire dall’11 settembre, dall’altro 26 lectio magistralis - già calendarizzate dal 27 giugno di quest’anno al 26 giugno 2026 - su argomenti di varia natura che vedono come relatori docenti di diverse università italiane, tra cui Riccardo Valentini premio Nobel per la pace e alcuni assessori del comune di Viterbo che ha concesso il patrocinio al progetto.

L’attenzione e la vicinanza da parte dell'amministrazione testimoniata anche ieri dalla partecipazione alla conferenza di presentazione dell’università dei braccianti degli assessori Patrizia Notaristefano (Rapporti con il settore agroalimentare), Rosanna Giliberto (Politiche sociali) ed Elena Angiani (Bilancio).

Notaristefano, portando i saluti della sindaca Frontini «che si è presa a cuore il progetto», ha reso noto che l’assessorato «ha iniziato un percorso riguardante il settore agricolo, che rappresenta buona parte dell’economia locale, confrontandosi con la Uila e le associazioni di categoria».

Ha quindi auspicato che «l’apertura dei braccianti verso la città venga accolta per favorire un loro inserimento nel tessuto economico e creare un ulteriore amalgama sul territorio».

Attenzionare la questione sociale e fare rete è l’invito lanciato da Giliberto, che a tale proposito ha evidenziato anche il coinvolgimento del Cpia (centro provinciale istruzione adulti). Con un plauso al progetto del sindacato che «all’insegnamento della lingua italiana associa anche la conoscenza delle problematiche giuridiche e burocratiche che il bracciante si trova a dover affrontare».

Tra le difficoltà che vivono i braccianti rientra anche la questione trasporti, su cui è intervenuta Angiani. L’assessora con delega alla Francigena, affermando che «si stanno affinando degli aspetti del progetto» ha dichiarato che si sta ragionando su come risolvere le criticità anche per consentire «agli operai di affrancarsi dalla dipendenza dei datori di lavoro in materia di trasporto».

Poi la proposta, a sorpresa e inaspettata anche per i sindacalisti presenti: «La candidatura di Viterbo a capitale europea della cultura si fonda su due pilastri: produttivo e culturale. E questa università dei braccianti mi sembra il giusto anello di congiunzione, sarebbe bene inserirla nel progetto globale di candidatura».

Per Fabrizio De Pascale, presidente del settore agricolo del sindacato europeo Effat, «il progetto della Uila di dare vita qui a Viterbo all'università dei braccianti è un esperimento molto interessante, un esempio di sindacato 4.0 che dà molta attenzione al territorio».

Il corso di italiano sarà coordinato da Michele Mancini di Uil scuola che, intervenendo in merito al progetto, ha sottolineato: “ì«È un nuovo modello culturale di portata fortemente innovativa che va a incidere non solo sulla città ma avrà ricadute sull’intera provincia».

Antonio Biagioli, segretario generale Uila comunale, prima di parlare del progetto ha tenuto a sottolineare, con un pizzico di emozione, che la conferenza è anche occasione «per il battesimo dell’associazione Petroselli. In futuro promuoveremo anche momento commemorativi ma con questo progetto dell’università diamo il giusto valore alle iniziative a tutela dei lavoratori come fece lui, le cui prime battaglie furono a favore dei braccianti».

«Il settore agricolo, tra i più trainanti in provincia di Viterbo, occupa al 90% manodopera delle comunità internazionali» ha rimarcato per poi annunciare il 13 giugno un incontro con le associazioni agricole «per rivoluzionare i rapporti sindacali all’insegna del dialogo e del confronto».

Camilli è quindi ritornato sui numeri degli stranieri, che la Uila preferisce definire «realtà delle comunità internazionali». «Nel contesto del centro cittadino ci sono quartieri estremamente caratterizzati. A Viterbo 351 attività sono gestite da persone di Paesi extra Ue: il settore delle costruzioni dagli albanesi, quello del commercio dai senegalesi e quello dei servizi dai gambiani. La comunità islamica nel capoluogo è di 5mila persone, 15mila nella Tuscia. E nel centro di Viterbo su 9mila residenti almeno 6mila sono stranieri. Le comunità internazionali costituiscono già il 10% della popolazione e nei prossimi anni raggiungerà il 20%» ha concluso.