In politica, come in teatro, c’è un momento in cui l’attore, per cercare l’approvazione del pubblico, strizza l’occhio alla platea. È un gesto sottile, a metà tra il complice e il disperato. La settimana scorsa, in consiglio comunale, Marco Piendibene quel gesto lo ha fatto davvero. Letteralmente. Un “occhio” lanciato verso i banchi della minoranza per evitare di “perire” – è il caso di dirlo – sotto un emendamento, dopo quello a una mozione che avrebbe dovuto unire e che invece ha finito per disintegrare la maggioranza.

L’oggetto del contendere? L’intitolazione di una strada a Raul Di Gennaro, civitavecchiese, medaglia d’argento al valor militare per El Alamein e stella d’oro del Coni per la fondazione della gloriosa Snc. Una figura che avrebbe meritato un riconoscimento condiviso, non certo il triste spettacolo andato in scena a Palazzo del Pincio.

Piendibene ha provato a mediare. Prima ha tentato di ritirare un emendamento della minoranza con un gesto d’intesa. Poi è stato travolto da quello presentato – e ritirato – dalla sua stessa maggioranza. Un gioco delle parti che, però, ha mostrato chiaramente chi comanda… e chi no.

Perché ormai non è un mistero che il sindaco, eletto con l’ambizione di rappresentare un centrosinistra compatto, è ogni giorno più ostaggio di alleati capricciosi e spesso in contrasto tra loro. Le “gianninate” dell’assessore all’Ambiente Stefano Giannini sono diventate un appuntamento fisso: ora è pronto a tagliare altri 54 alberi, mentre ancora non ha chiarito che fine faranno quelli (ancora in piedi, e per quanto?) di Piazza Regina Margherita. Né si sa che posizione ufficiale abbia davvero l’amministrazione sul possibile via libera alla nuova discarica Mad.

Il sindaco, nel frattempo, barcolla tra rigidità selettiva e silenzi tattici. Il caso del chiosco a Piazza Verdi, revocato all’imprenditore Mario Benedetti per un ritardo nel pagamento del canone di 500 euro, grida vendetta più per l’evidente doppio standard che per l’aspetto formale. Benedetti, criticissimo sui social contro degrado e inefficienze, si è visto sbattere la porta in faccia. Rigorosamente, certo. Ma con un tempismo che sa molto di rappresaglia amministrativa. Perché se quella stessa intransigenza fosse applicata a tutte le concessioni – da Piazza Regina Margherita agli impianti sportivi, fino ad altri locali comunali – quanti altri dovrebbero restituire le chiavi, oltre - l’esempio calza - alla Nc per lo stadio del nuoto, che rischia di non aprire più?

Anche sul fronte delle associazioni culturali e sportive, il metro è tutto fuorché equanime. In alcuni casi si procede con compensazioni generose, al punto che perfino i dirigenti comunali si guardano bene dal firmarne l’asseverazione. Una discrezionalità, tra figli e figliastri, che alimenta sospetti e malumori, non solo tra i cittadini ma anche nei corridoi del Pincio.

Poi c’è la questione – non secondaria – della par condicio. Quella vera, di dalemiana memoria, che dovrebbe garantire equilibrio e sobrietà istituzionale, specie in tema referendario. Piendibene ha tutto il diritto, come cittadino e come politico, di esprimere la propria posizione. Ma farlo come sindaco, utilizzando simboli e strumenti del Comune, è altro discorso. È confondere ruoli e confini. Ed è un errore, oltre che una forzatura.

Ecco allora che Piendibene cerca equilibri impossibili, strizza occhi qua e là, e intanto si isola sempre più. Il rischio è che, alla lunga, nessuno più raccolga il suo sguardo. Né da destra, né da sinistra. Né dalla sua stessa maggioranza.

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