C’è una città reale, fatta di problemi quotidiani, disagi concreti, scadenze che incombono e promesse che scadono prima ancora di essere mantenute. E poi c’è una città virtuale, patinata, rassicurante, raccontata a colpi di video, post, comparsate televisive.

È in quest’ultima che sembrano essersi rifugiati il sindaco Marco Piendibene e il suo ormai inseparabile “sindaco aggiunto” Enzo D’Antò, impegnati in una comunicazione permanente che ha un obiettivo evidente: distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dai nodi veri.

Così si parla di cantieri “aperti da venti giorni”, come quello della stazione, quando chiunque passi da lì può constatare che, al netto dell’inaugurazione in pompa magna, i lavori non sono mai realmente iniziati. Nastro tagliato, dichiarazioni solenni, fotografie di rito. Poi il nulla. Anzi no, a detta del sindaco aggiunto, i “lavori preliminari” per la preparazione del cantiere. Quali siano lo sa soltanto lui, così come sia possibile procedere senza autorizzazioni e permessi urbanistici che in passato non sono mai arrivati, proprio dal Comune stesso, in attesa di una variante che ora pare non servire più, a sentire il superconsulente comunale dell’advisor.

Una rappresentazione plastica di una politica che scambia l’annuncio per l’azione e il rendering per la realtà.

Peccato che, mentre i cantieri immaginari popolano i social, quelli veri producano danni concreti. Il caso del mercato è emblematico ed è già la cronaca di una catastrofe annunciata. Gli operatori, già provati da anni difficili, si sono visti privare persino della possibilità di lavorare come si deve nel periodo natalizio, l’unico che consente tradizionalmente di recuperare un po’ di ossigeno. Penalizzati, frammentati, separati dal resto del mercato, oggi guardano a mesi di precarietà senza certezze né tempi chiari.

E non è solo un problema sociale o economico. È anche, e soprattutto, un problema amministrativo. Perché quei lavori rischiano seriamente di non essere conclusi entro le scadenze del PNRR. Se così fosse, lo scenario è noto: il Comune dovrà pagare comunque l’impresa, perdere il finanziamento e, nella peggiore delle ipotesi, restituire anche le somme già incassate. Un danno doppio, per le casse pubbliche e per la credibilità dell’ente.

L’elenco delle criticità potrebbe continuare. Ma intanto Piendibene e D’Antò continuano a raccontare un’altra città, un’altra storia, un’altra versione dei fatti. Una narrazione che ricorda vagamente Sesso & Potere, il film in cui un presidente degli Stati Uniti inventa una guerra per coprire uno scandalo. Qui, senza Hollywood e senza spin doctor di livello, siamo piuttosto di fronte a una fiction casereccia, che potremmo intitolare: “Botti e Bufale”.

È la gara a chi la spara più grossa. Tra mezze verità, omissioni e bugie plateali. Un rumore di fondo utile a confondere le acque, a occupare lo spazio mediatico, a evitare che l’attenzione si concentri su ciò che davvero conta: le scelte, gli interessi, le responsabilità che si muovono lontano dai riflettori, all’ombra delle ciminiere di Italcementi.

Ma la realtà, prima o poi, presenta il conto. E allora i video e i post non basteranno più.

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