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La corsa ai regali di Natale è ufficialmente iniziata. Allo scoccare della prima settimana di dicembre sono in tanti a precipitarsi nei negozi fisici e, sempre di più, online. Per milioni di italiani questo è il mese in cui l’e-commerce raggiunge il suo picco. Ma c’è un lato dello shopping natalizio che resta nell’ombra e che riguarda chi, davanti a un sito non accessibile, non riesce nemmeno a cominciare.
E-COMMERCE INCLUSIVO, ECCO I FALSI MITI SECONDO EYE-ABLE ITALIA
Il “regalo” per far fronte a questo problema arriva da Eye-Able Italia, scale-up europea che combina intelligenza artificiale e competenza umana proprio per fornire soluzioni avanzate per l’accessibilità digitale: una ‘lista’ di 5 falsi miti da sfatare che ostacolano un e-commerce inclusivo.
- “Ho il widget di accessibilità, quindi sono a posto”. Un errore diffusissimo. Il widget migliora l’esperienza, ma non corregge il codice, non crea testi alternativi e non risolve una navigazione incoerente. È utile, ma non basta: senza interventi tecnici “dietro le quinte”, il sito resta non accessibile.
- “L’accessibilità riguarda solo le persone con disabilità”. È vero il contrario. Un sito più leggibile, veloce e intuitivo agevola chiunque: dagli utenti senior a chi naviga da smartphone, da chi ha un infortunio momentaneo a chi vive in aree con connessioni lente. L’accessibilità è un valore trasversale, non un’esigenza di nicchia.
- "La mia azienda non è coinvolta”. Con l’EAA, l’obbligo riguarda chiunque offra prodotti o servizi digitali nel mercato europeo. E-commerce, servizi bancari, trasporti, streaming, fino ai dispositivi come gli ATM. Solo le microimprese sono escluse, ma la normativa incentiva comunque un percorso inclusivo.
- “Adeguarsi è troppo costoso e complesso”. L’accessibilità non è una spesa: è un investimento. Ignorare le norme può costare sanzioni fino al 5% del fatturato, oltre a blocchi temporanei dei servizi. Progettare siti “accessibility by design” riduce tempi e costi, rafforza la reputazione e apre nuove opportunità di mercato.
- “Una volta fatto, non devo più pensarci”. Nulla di più sbagliato. L’accessibilità è un processo continuo: ogni aggiornamento può introdurre nuove barriere. Serve monitoraggio costante, formazione interna e una cultura aziendale orientata all’inclusione.
“In un mondo sempre più digitale, garantire l’accessibilità non è solo un obbligo normativo, ma una responsabilità sociale e una grande opportunità di business”, spiega Lorenzo Scumaci, CEO di Eye-Able Italia. “Sfatare questi miti è il primo passo per costruire un ecosistema digitale davvero aperto a tutti“.



