di LUCA GROSSI
CIVITAVECCHIA -Una folla provata e silenziosa ha partecipato, ieri mattina, al funerale dell’ex giocatore ed allenatore della Cestistica Civitavecchia Roberto Mosca.
Classe ‘46, era da mesi colpito da un male incurabile che il giorno della vigilia di Natale lo ha tolto all’affetto dei cari e dei tanti che avevano avuto il piacere di conoscerlo. La sua passione per il basket, e la sua professione di insegnante, lo avevano messo nella condizione negli anni di accompagnare la crescita di centinaia di ragazzi. Gli stessi ragazzi che ieri hanno popolato la parrocchia di San Giuseppe con gli occhi lucidi di chi sa di aver perso un punto di riferimento. La notizia della sua morte si è sparsa subito tra giocatori ed ex giocatori della Cestistica, in particolare su facebook dove il presidente onorario della società di largo Cinciari Pietro Rinaldi ha salutato il suo ex compagno di squadra ricordando lo spirito di animo che lo aveva sempre contraddistinto: «Roberto era ricoverato all’ospedale del Celio da circa una settimana, dopo aver vissuto un vero e proprio calvario per oltre 18 mesi. Ha dovuto giocare suo malgrado una partita da solo, dopo le tantissime che aveva condiviso con i suoi compagni di squadra della Cestistica e l’ha giocata con la forza di carattere della quale era maestro». Play maker veloce con una visione di gioco senza pari, Mosca ha partecipato negli anni 70 ai fasti della Cestistica Civitavecchia. Tolta la canottiera negli anni 80, ed indossata la giacchetta da tecnico, Mosca ha allenato praticamente tutte le squadre rossonere, dal formazione maggiore al minibasket, diventando, di fatto, uno dei pilastri della società rossonera almeno fino a quando la sua malattia gli ha permesso di farlo. Sia nell’omelia del Parroco che nel ricordo degli amici, durante il funerale, sono state più volte citate le sue doti da educatore. In effetti l’ex play rossonero era prima di tutto una persona capace di parlare al cuore delle persone: le sue battute taglienti e le sue metafore lo rendevano un grande comunicatore. Il suo basket era fatto di forza e sacrifici con una cura quasi maniacale per la condizione fisica. Tutto il cuoio dei palloni della Cestistica è stata toccato almeno una volta dal sudore della sua fronte e di quella dei suoi ragazzi nei duri allenamenti che faceva svolgere. Basti pensare che fino a quando la malattia non l’ha colpito, poco meno di due anni fa, la sua condizione fisica a sessant’anni compiuti, gli permetteva ancora di allenarsi periodicamente con le squadre che lui stesso allenava. Successivamente le cure a cui si era sottoposto avevano debilitato il suo fisico ma non la sua forza d’animo che utilizzava nel rincuorare chi gli chiedeva del suo male. Se ne è andato una parte importante del basket locale. Sopravvive alla morte solo chi fa vivere le proprie gesta negli animi altrui, la numerosa e provata folla di ieri mattina dimostra chiaramente come quel numero 8 rossonero continua e continuerà ancora a segnare ed a fornire assist importanti alle vite di chi l’ha conosciuto.
L'addio a Roberto Mosca, maestro di vita e di basket
2 novembre, 2011 • 11:44