La storia di Dorando Pietri è una di quelle che sono rimaste negli annali dello sport mondiale e sono entrate anche nel linguaggio comune con continui ricordi. Il minuto Dorando, alto 159cm, cominciò a correre, così si racconta, vedendo una corsa dell’atleta e campione Pericle Pagliani, il quale, correndo un giorno vicino a Carpi, città di origine di Pietri, diede la spinta morale necessaria a Dorando a iniziare la sua carriera. Nel giro di pochi anni vinse i campionati italiani e nel 1906 si qualificò agilmente per i Giochi Olimpici Intermedi (che si disputarono una sola volta e non sono contati come edizioni dei Giochi Olimpici classici). Nei Giochi di Atene, però, abbandonò la gara al ventiquattresimo km per problemi allo stomaco. Nel 1908 si qualificò per i Giochi di Londra, i primi dove la maratona fu ufficializzata a 42,195km. Dopo la partenza presso il Castello di Windsor, l’italiano fece una gara prudente, e una volta saputo che il gruppo di testa era in crisi, cominciò la rimonta verso gli ultimi km. Una volta sorpassati, si mise al comando e cercò di mantenere il forte distacco che aveva. Giunto nello stadio per gli ultimi 500 metri di corsa, Dorando, stremato dalla fisica, sbagliò strada per mancanza di lucidità. I giudici prima lo indirizzarono per la strada giusta, poi lo aiutarono sei volte a rialzarsi visto che l’italiano si accasciò più volte per la fatica. Tagliò il traguardo per primo ma sorretto dal medico di gara e da un giudice. Il secondo classificato, lo statunitense Johnny Hayes, fece reclamo e venne accolto, squalificando l’italiano. La regina d’Inghilterra Alessandra rimase molto colpita dalla vicenda di Pietri e consegnò comunque una coppa con incise queste parole: “A Pietri Dorando - In ricordo della maratona da Windsor allo stadio - 24 luglio 1908. Dalla regina Alessandra”. Arthur Conan Doyle era in tribuna come corrispondente del Daily Mail e il giorno seguente fece uscire un articolo di giornale affermando che “la grande impresa dell'italiano non potrà mai essere cancellata dagli archivi dello sport, qualunque possa essere la decisione dei giudici”. La vicenda di Pietri colpì talmente tanto l’opinione pubblica che ancora oggi, a distanza di più di cento anni da quella gara, gli vengono intitolate diverse strade o impianti sportivi. Dorando ebbe fortuna proprio a causa di quella squalifica. Cominciò un lungo tour in giro per il mondo dove veniva invitato, a pagamento, a correre. Tornato in Italia, aderì immediatamente e con molta convinzione al fascismo con la Tessera n.47363. Nel testamento del 1933, che scrisse 10 anni prima della sua morte, affermò di volere essere sepolto in camicia nera. Nonostante diverse vicende di matrice fascista dove lo vedevano solo come autista o palo, non venne mai condannato. Morì nel 1942 per emorragia celebrale.

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