Roma, 5 dic (Adnkronos) - "Si prova sconcerto nel leggere le anticipazioni sul presunto "studio" che avrebbero redatto i tecnici parlamentari dei partiti di centrodestra sulle ipotesi di riforma elettorale da portare avanti ora che l'obiettivo prioritario di chi governa, dopo i risultati negativi dell'ultimo turno di elezioni regionali, sembra essere diventato il ridisegno unilaterale e di comodo delle regole del gioco e non il contrasto all'insicurezza crescente dei cittadini, all'inflazione che morde i salari reali e alle liste d'attesa in sanità". Lo dice il senatore del Pd Dario Parrini, vice presidente della commissione Affari costituzionali a Palazzo madama. "Stando a quanto è stato fatto circolare sulla stampa, in questo "studio" ci sarebbero così tante scempiaggini da rafforzare la convinzione che al momento siano del tutto assenti i requisiti minimi per discutere sensatamente della materia. Perché discutere su presupposti farlocchi prima che sbagliato è inutile", prosegue. "L'unica cosa che si capisce chiaramente è il no alle preferenze, dato che per la destra è fondamentale continuare a impedire ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento. Come se non fosse proprio la mancanza di potere di scelta dei cittadini il difetto principale del sistema elettorale vigente e del Porcellum utilizzato nelle elezioni del 2006, 2008 e 2013", spiega Parrini. (Adnkronos) - "Nel cosiddetto "studio" si affermerebbe che per far funzionare il sistema a premio servirebbero 100 collegi plurinominali alla Camera e 52 al Senato, "come nel Rosatellum 2018". Ripartire territorialmente 391 deputati utilizzando 100 collegi plurinominali significa creare un effetto-flipper pazzesco: sarebbe il caos garantito nella individuazione degli eletti. Tant'è che nel Rosatellum 2018 i collegi plurinominali erano 61 alla Camera (per eleggere i 386 deputati della quota proporzionale) e 32 al Senato (per eleggere i 193 senatori della quota proporzionale)", dice ancora l'esponente dem. "Si ipotizzerebbe poi una riedizione di un elemento tipico del vecchio Tatarellum - la lista bloccata obbligatoria di coalizione associata al candidato presidente e con consistenza pari al 20 per cento del totale delle persone da eleggere - come se non fosse noto a tutti che dopo la sentenza 1 del 2014 della Corte Costituzionale che dichiarò incostituzionali le liste bloccate lunghe questo elemento tipico del Tatarellum è stato via via abolito in quasi tutte le Regioni (in Toscana, per giunta, non c'è affatto una lista bloccata obbligatoria di coalizione ma una cosa diversissima: un mini-listino regionale facoltativo di partito di massimo tre nomi)", prosegue. "Inoltre si fa finta di non sapere che il sistema delle regioni, essendo basato su un premio senza soglia, è inapplicabile nazionalmente sempre ai sensi della sentenza 1 del 2014 della Corte Costituzionale che vieta l'attribuzione al vincitori di bonus abnormi che sacrificano eccessivamente la rappresentatività. Allo stesso modo si fa finta di non sapere che a Costituzione vigente ci sono ragioni assai solide per ritenere illegittime sia l'indicazione del candidato premier sulla scheda sia l'attribuzione di un premio nazionale al Senato (questioni peraltro già affrontate nel 2005 ai tempi del Porcellum). Insomma, regnano l'ammuina e l'improvvisazione. Niente di serio sotto il cielo, conclude.