«Basta con interventi spot, occorre una piattaforma politica economica per una visione complessiva del territorio». È il messaggio che Giancarlo Turchetti, segretario generale, veicola tramite un documento politico sindacale per il rilancio di Viterbo e della Tuscia. Testo che contiene una serie di proposte che prendono spunto dalle problematiche del territorio e redatto sulla scorta del piano industriale da 550 milioni, con fondi Fesr, presentato da Regione e Unindustria. «In quella fase - sottolinea Turchetti - le parti sindacali non erano state interpellate, per questo abbiamo deciso di redigere un documento con le proposte di sviluppo per ogni territorio». Proposte che saranno portate all’attenzione della Provincia nel corso di un incontro previsto per mercoledì 16 luglio. «Un territorio, quello della Tuscia, depresso per vari motivi, senza impatti industriali forti che conta principalmente sull’agricoltura, e a rischio di un progressivo impoverimento in assenza di visione e programmazione» sottolinea il segretario generale che individua nella carenza di infrastrutture - «necessarie per fare sviluppo» - la criticità principale. Da quelle ferroviarie a quelle su gomma. «Non è possibile che non ci sia un treno diretto Viterbo-Roma, un collegamento che permetta di percorrere la tratta in un'ora faciliterebbe anche il ripopolamento del capoluogo» afferma per poi sbottare sul raddoppio della Cassia: «Se ne parla da anni ma non è mai stato fatto nulla e il progetto esecutivo sta marcendo nei cassetti». Poi l’esortazione a completare rapidamente la Trasversale. Quindi la difesa del territorio e della forte vocazione agricola. «Stop definitivo al consumo di suolo, soprattutto agricolo, per l’installazione degli impianti foto e agrovoltaici, si possono mettere sugli edifici pubblici». E basta anche alle discariche e secco no al deposito di scorie nucleari. Stringenti e che richiedono provvedimenti rapidi anche le problematiche che riguardano la sanità pubblica che non funziona. Pur esprimendo apprezzamento per gli investimenti fatti, Turchetti poi sintetizza però le criticità: «Dalle liste d’attesa alla mobilità passiva, particolarmente alta nel Viterbese, alla carenza di medici di base e di personale sanitario più in generale. Bene l'aumento di posti letto e gli investimenti in attrezzature all'avanguardia ma manca il personale. A Viterbo ci sono due risonanze magnetiche, lavora solo una perché non c'è personale adeguato».

Focus quindi sul capoluogo con i grossi problemi di spopolamento e di chiusura delle attività commerciali nel centro storico. Per il sindacalista occorre partire dal decoro con il recupero dei palazzi abbandonati magari imponendo la ristrutturazione ai privati da sostenere con incentivi e agevolazioni. «In centro ci sono proprietà pubbliche importanti, vedi Bankitalia e l’ospedale vecchio, che potrebbero ospitare aule universitarie e in cui si potrebbe sviluppare la facoltà di medicina. Sarebbe un modo per ripopolare il centro per evitare la ghettizzazione. E per un recupero del tessuto economico si dovrebbe ragionare sulla realizzazione di un centro commerciale all’aperto». Fondamentale per Turchetti la chiusura del centro alle auto. Capitolo turismo, fondamentale per un territorio che ha moltissime potenzialità per attrarre visitatori ma sul cui sviluppo non si è mai realmente puntato. E in particolare sulla questione termale a Viterbo, il segretario della Uil afferma: «Le ex terme Inps funzionavano benissimo, oggi abbiamo un termalismo per ricchi. Serve uno sviluppo termale adeguato alle esigenze di tutte le fasce economiche». Restando sul turismo rimarca anche che «occorre soprattutto cambiare la mentalità degli esercenti dei locali pubblici, il visitatore deve poter trovare bar e ristoranti aperti». Rivolge quindi un appello a istituzioni, imprenditori, parti sociali a «creare tutti insieme un meccanismo per sviluppare pacchetti turistici di più giorni». Turchetti poi, prendendo spunto dalla sentenza del Tar sull’istituto Carmine, sottolinea l’importanza dei presidi educativi e sociali offerti dalle scuole. «L’accorpamento ci può stare ma non la chiusura dei plessi scolastici» chiosa.