RONCIGLIONE - In una gremita sala consiliare del comune di Ronciglione, si è svolta, in preparazione della Marcia contro la discarica radioattiva che si terrà domani (11 maggio) a Corchiano, la prima riunione del “Comitato No scorie della bassa Tuscia”.

Alla presenza dei sindaci di Ronciglione, Bassano Romano, Sutri, Capranica, Caprarola e Carbognano, la riunione è stata introdotta dall’ingegner Marco Rossi, presidente del Consiglio comunale di Gallese, che ha illustrato gli aspetti tecnici del deposito, mettendo in evidenza come in realtà non si tratti di un deposito nel senso letterale del termine, quanto di una vera e propria discarica, grande quanto duecentocinquanta campi da calcio. Delle 51 aree individuate come idonee a livello nazionale, la Tuscia ne conta ben 21, una scelta che mette a rischio la vocazione agricola e turistica dell’intera provincia e la salute dei quasi 100 mila abitanti che risiedono nei comuni circostanti. «Il bluff alla base della scelta - spiega Roberto Magnasciutti, referente del Comitato - è quello di far credere che sia un necessità irrinunciabile per lo smaltimento dei rifiuti ospedalieri, ma, dati alla mano Rossi ha evidenziato come il totale dei rifiuti radioattivi prodotta dalla medicina, dall’industria e dalla ricerca copra solo il 10% della capienza delle discariche previste, smontando così la teoria che siano residuali le scorie ad alta radioattività che finirebbero nei nostri territori». Per il geologo Antonio Mancini ancora più incerte sono le prospettive di successivo smaltimento che teoricamente dovrebbero finire in stoccaggi europei, di cui però non c’è, allo stato attuale, nessuna traccia. La pericolosità prevista è tra l’alto calcolata in termini di volume tollerabile dai siti, mentre dovrebbe essere tenuta in considerazione la radioattività effettiva e gli imprevedibili scenari in caso di incidenti o catastrofi naturali. La dottoressa Antonella Litta, da anni impegnata nel rapporto fra salute e inquinamento ambientale, ha posto l’accento sulle questioni specificatamente mediche e sulle patologie associate all’esposizione di fattori inquinanti e radioattivi, che si andrebbero ad aggiungere alle criticità indotte da diversi fattori: la radioattività di fondo che vede la Tuscia fra le cinque aree più critiche al mondo; la presenza di gas radon; le scorie prodotte dalla centrale a carbone di Civitavecchia; l’arsenico nelle acque per uso domestico; l’uso intensivo di fitofarmaci in agricoltura. Ha riportato quindi le prese di posizione dell’Ordine dei medici di Viterbo che ha espresso più volte la sua netta contrarietà alla creazione del deposito. Famiano Crucianelli, presidente del Bio distretto della via Amerina ha concluso le relazioni tecniche facendo la cronistoria di un’opposizione all’individuazione dei siti che va avanti da ormai diversi anni e denunciando la bugia rassicurante che in Europa ci siano siti adatti a smaltire, in un successivo momento, le scorie ad alta intensità, tipologia di rifiuti che per l’agenzia atomica europea devono essere smaltiti in sicurezza ad un chilometro di profondità in terreni “immobili” da millenni, una procedura quindi incompatibile con un terreno sismico come la Tuscia. La possibilità che nel nostro territorio possano essere ospitate novantacinque tonnellate di rifiuti radioattivi diventerebbe, tra l’altro, un’ipoteca sulla filiera delle eccellenze agroalimentari, avere una ricaduta negativa sul valore degli immobili e accentuare lo spopolamento delle aree interne. Negli ultimi giorni è circolata la voce che regione e ministero dell’ambiente stiano rivalutando le decisioni prese, ma allo stato attuale, secondo i relatori, non c’è nessuna modifica legislativa che possa suffragare questo dietrofront, per cui resta vivo l’appello a partecipare alla manifestazione di domenica, una battaglia per il futuro che dovrebbe interessare soprattutto i giovani. I sindaci Mengoni, Maggi, Amori, il vice sindaco Stelliferi e il delegato Ceccarelli a fare le veci del sindaco Gasbarri, mettendo da parte le differenze di provenienza politica, hanno sottolineato l’esigenza di osteggiare uniti la creazione di questi di siti nucleari. Pietro Nocchi, anche in qualità di vicepresidente della Provincia, ha evidenziato come questa vicenda abbia dato un respiro maggiore alla consapevolezza di lottare tutti insieme per la tutela di un ambiente che è minacciato anche da altre problematiche quali la geotermia e invitato a fare cartello anche su tutte le altre problematiche che gravano sul territorio della Tuscia.

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