LADISPOLI - Dopo la petizione per chiedere Giustizia per Marco Vannini ora su change.org arriva quella per chiedere la radiazione dall'Ordine delle Professioni Infermieristiche di Roma per Martina Ciontoli.
Promotore dell'iniziativa è il giornale infermieristico Nurse Times. Nel testo della petizione, il giornale infermieristico punta i riflettori sul ruolo giocato dalla fidanzata del giovane. «Martina, allora studentessa del corso di infermieristica, non prestò soccorso al fidanzato ne telefonò per richiedere l'invio dell'ambulanza. Si giustificò davanti al giudice dicendo che suo padre le avrebbe detto che la ferita non fosse grave e che la pistola presente in casa sparasse a salve». A sollevare la protesta di Nurse Times è la laura conseguita da Martina «con il massimo dei voti, ottenendo perfino la lode» e le «modalità utilizzate per ottenere il titolo di studio». «La studentessa in infermiersitica avrebbe più volte utilizzato il dramma della morte del fidanzato per ottenere voti più alti durante gli esami. Molti ricorderanno la frase diventata tristemente famosa nella quale la Ciontoli affermava quanto segue: "Prof mi metta 28, sono quella a cui è morto il fidanzato". Incredibilmente, dopo aver concluso il percorso universitario, la propria domanda di iscrizione ad OPI Roma è stata accettata senza alcuna riserva, nonostante l'atto professionale mancato (il soccorso ad un ferito grave) che causò inevitabilmente la morte di una persona. È possibile immaginare che nessun convocazione per chiarire la propria posizione nella vicenda sia mai stata fatta dall’Ordine degli Infermieri di Roma. Ma ora, molti colleghi chiedono una seria presa di posizione in merito a questo caso, auspicandosi di non continuare ad essere accomunati ad una persona che ha avuto un comportamento così immorale e contrario ad ogni etica professionale». E ora da Nurse Times si augurano che «Opi Roma voglia analizzare prontamente tale vicenda, intervenendo come forse avrebbe già dovuto fare in passato».
LA REPLICA DEGLI AVVOCATI PIETRO MESSINA E ANDREA MIROLI - E ad intervenire replicando a quanto scritto da Nurse Times sono i legali della famiglia Ciontoli, l'avvocato Pietro Messina e Andrea Miroli. Per i due legali le iniziative che si stanno portando avanti «dimostrano esclusivamente il livello di ''barbarie'' al quale si è arrivati al solo scopo di compiere una vera e propria ''vendetta'' contro persone che sono, comunque, tuttora sottoposte a un regolare processo secondo le norme del nostro ordinamento giuridico. Vengono così calpestati i più elementari principi della nostra Costituzione, tentando di negare, a chi deve rispondere delle proprie responsabilità secondo giustizia, il sacrosanto diritto di redimersi e di recuperarsi alla società civile. Tutto ciò anche diffondendo false notizie sui reali comportamenti della giovane Martina Ciontoli, all’epoca dei fatti appena all’inizio del percorso universitario, che ha portato successivamente a termine in maniera brillante, nonostante la tragedia vissuta sulla propria pelle e, forse, proprio per una sorta di riscatto morale dai sensi di colpa che la inseguono continuamente e per i quali non ha mai cercato di trarre vantaggi, come maliziosamente e calunniosamente affermato dai soliti “leoni della tastiera”. Così come appare censurabile il tentativo di rimettere in discussione verità processuali, che hanno chiarito ogni aspetto della vicenda, coinvolgendo in maniera strumentale persone del tutto estranee, al solo scopo di ottenere maggiore “audience” televisiva, con illazioni e sospetti al limite della calunnia e della diffamazione gratuita. L’incoraggiamento verso comportamenti che mettono in discussione l’indipendenza della magistratura e che sembrano voler affermare la supremazia della “giustizia di piazza”, non potrà che mettere in discussione lo stesso concetto di democrazia moderna e lo stato di diritto, faticosamente costruito dai nostri padri costituenti con la promulgazione della carta costituzionale “più bella del mondo”. Pur essendo difficile da comprendere da parte di coloro che guardano a queste vicende da uno schermo televisivo senza la benché minima consapevolezza della complessità dell’ordinamento giuridico, la negazione dei più elementari diritti a chiunque sia sottoposto ad un processo penale, comporta la possibilità che quegli stessi diritti possano essere domani negati a tutti coloro che oggi si accaniscono contro la famiglia Ciontoli senza conoscere i termini reali della loro vicenda giudiziaria ed umana».