LADISPOLI - Si è svolta la quinta udienza del processo sulla morte di Marco Vannini e che ha visto Antonio Ciontoli, per la prima volta davanti al giudice prendere la parola. L’uomo, indagato insieme al resto della sua famiglia per l’omicidio in concorso del bagnino 20enne di Cerveteri, si è alzato e ha commentato in lacrime "Marco per noi era un figlio, oltre ad essere il ragazzo di mia figlia".
Dopo essere apparso commosso anche nelle precedenti udienze, Ciontoli ha parlato per la prima volta in aula, dopo le parole del maresciallo Roberto Izzo, una delle persone che Ciontoli chiamò dopo la tragedia. "La reazione della famiglia Ciontoli quando hanno saputo della morte di Marco è stata di disperazione, soprattutto quella di Antonio", ha dichiarato Izzo.
Antonio Ciontoli ha poi ripreso la parola sostenendo di essersi recato in caserma dove lo avrebbe raggiunto anche Izzo con il quale avrebbe avuto un colloqui informale su quanto accaduto: "Nel frattempo arrivavano gli aggiornamenti della condizione di Marco. Gli aggiornamenti furono 3: quello che diceva che Marco aveva avuto un arresto cardiaco, quello che diceva che aveva ripreso a respirare è quello che diceva che Marco era morto", ha dichiarato l’imputato al cospetto dei giudici.
Oltre ad Izzo altri militari hanno sfilato davanti ai giudici: il luogotenente Audenzio Risveglia del Nucleo Operativo di Civitavecchia che ha effettuato i tamponi e i sopralluoghi in casa Ciontoli; il maresciallo capo Marco Balducci, del Nucleo Operativo di Civitavecchia, che ha partecipato alle indagini della Polizia Giudiziaria effettuando i tamponi e i prelievi della polvere da sparo, il maresciallo Arianna Salis e il maggiore Giuseppe Iacovazzi del RIS di Roma.
Molti gli aspetti tecnici emersi durante le deposizioni.
Molto interessante la testimonianza del maresciallo dei Ris Arianna Salis la quale durante la sua deposizione ha affermato che «l’analisi chimica ha evidenziato uno sparo di tipo “piombo bario antimonio”, dunque una detonazione classica.
I tamponamenti (fatti su parti casuali degli indumenti) rilevano che gli indumenti erano molto vicini al punto di fuoco e che quindi Antonio, Martina e Federico erano presenti al momento dello sparo».
Il maresciallo del RIS ha continuato: «Non si può comunque dire con certezza chi ha sparato».
Dalle conclusioni del RIS è quindi emerso che la concentrazione delle particelle di piombo, bario, antimonio ci da solo un’indicazione sulla presenza delle persone al momento dello sparo, perché queste particelle possono essere trasferite con i contatti ad esempio delle mani. Chiaramente chi ha più particelle è più probabile che sia stato presente al momento dello sparo. Sempre tra le conclusioni il maresciallo ha precisato che la positività dello stub alle narici indica senza dubbio che si è stati sul luogo dell’esplosione, c’è però da dire che una nube generata da uno sparo ci mette mezz’ora a posarsi, dunque chi è entrato nel bagno entro mezz’ora ha la possibilità di avere particelle nelle narici. «Il lavaggio delle mani – ha precisato il maresciallo – porta via le particelle, io però non posso dichiarare che questo sia avvenuto perché gli imputati hanno dichiarato che non si erano lavati le mani».
Successivamente davanti ai giudici è stato chiamato il maggiore Giuseppe Iacovacci, direttore della banca dati del DNA, all’epoca dei fatti ai Ris. “Ho fatto i rilievi sugli indumenti e sulle due pistole presenti a casa Ciontoli. Sono state trovate – ha spiegato Iacovacci – tracce ematiche sull’accappatoio in corrispondenza dell’ascella destra, sui pantaloncini di Antonio Ciontoli e di Martina Ciontoli. Erano tutte tracce ascrivibili a Marco Vannini, tranne per una traccia nell’elastico interno dei pantaloni di Antonio Ciontoli, ascrivibile a lui. I prelievi dalle armi non sono attribuibili perché sono state maneggiate da tanti soggetti non identificabili». «Servono almeno 15-20 cellule per poter delineare con certezza un profilo. Il DNA si trova sulle armi all’incirca nel 50% dei casi, ma si identifica un profilo chiaro solo nel 15-20% dei casi». spiega il maggiore.
Ultimo ad essere chiamato davanti ai giudici è proprio il maresciallo Roberto Izzo il quale fa delle precisazioni sul suo rapporto con Ciontoli “C’era un rapporto di conoscenza tra me e Antonio Ciontoli, che si è fatto conoscere, come di consueto fanno i colleghi, quando ho assunto il comando della stazione nel 2014 – ha spiegato il maresciallo Izzo – abbiamo preso qualche caffè insieme ogni tanto. Mi telefona tanta gente di notte per i motivi più disparati, per questo non mi sono stupito quando mi ha chiamato Ciontoli».
Alla fine dell’udienza è stato dato alla corte il cd con la registrazione che ha fatto il vicino di casa di Ciontoli quando la moglie è andata ad informarsi su cosa fosse successo. Prossima udienza il 16 gennaio quando verranno sentiti i periti di parte.