S. MARINELLA – La notizia della morte di Sara Bosco ha fatto il giro della città in un attimo. Chi aveva avuto contatti con quella famiglia, arrivata a S. Severa alcuni anni fa occupando un vecchio casello ferroviario al Km 49 della Statale Aurelia dove ospitava decine di persone molte della quali straniere, dice che la situazione in casa era insostenibile. Spesso gli agenti della Polizia locale, per consegnare documenti in quello stabile, preferivano andarci armati, per il pericolo che qualcuno potesse compiere atti di violenza. Sara Bosco era nata in quell’ambiente e in quell’ambiente è vissuta fino ai 15 anni. Ma una sera dello scorso gennaio ha deciso di abbandonare scuola, genitori e amici per trasferirsi a Roma, dove frequentava gli ambienti malfamati della stazione Termini, del Pigneto, di Ostiense e del Forlanini. Ed è proprio all’interno dell’ospedale abbandonato che ha trovato la morte. «Sei l’amore della mia vita - scriveva la ragazza sul telefonino della madre - e voglio venire a casa». Glielo diceva quando era ospite della casa famiglia Il Monello di monte S. Giovanni Campano e poi a quella di Perugia. Sono stanca di vivere». «La mia Sara era una ragazza libera, vivace ma libera – racconta la madre Katia al Corriere della sera - e fino a un anno fa sorrideva sempre, amava la musica e andare a ballare con le amiche. Eravamo legatissime, lei era una brava ragazza. Mi scriveva messaggi nei quali mi ripeteva che mi voleva bene. Non è vero che era una sbandata. Nel 2015 frequentava l’Alberghiero a Civitavecchia ma ha conosciuto un ragazzo che l’ha portata alla stazione Termini. E lì ha incontrato un giovane afgano, sembrava un tipo a posto, faceva il cuoco. Da quel momento Sara ha cominciato a drogarsi tanto da lasciare gli studi». Dopo essere caduta da una finestra nella casa famiglia il Monello, Sara Bosco ha trascorso tre mesi in ospedale. «È rimasta tre mesi al Gemelli per riprendersi dalle fratture – racconta Katia al Corriere della sera – ma quando è tornata a casa era contenta. Ma poi è scappata ancora per drogarsi. E allora è finita nel centro per minori vicino a Perugia. Ma anche lì non ci voleva più stare. Mi diceva mamma, vieni a prendermi siamo rimaste sole. Poi è scappata anche da lì ed è tornata a Roma». Il Forlanini era diventata la sua seconda casa ed è in quel padiglione dove è stata trovata morta che la madre è andata a cercarla domenica scorsa. «Sara mi telefonava dalle cabine pubbliche e mi chiedeva di andare a prenderla – conclude la donna - sono andata là mercoledì e mi hanno detto che era in quella stanza maledetta. Ho provato a rianimarla al telefono col 118 perché al Forlanini si sono rifiutati di mandarci un’ambulanza interna, ma non c’è stato nulla da fare per lei». Intanto è caccia al pusher che ha dato la dose fatale a Sara Bosco. A coordinare le indagini sulla morte di Sara è il pm Antonino Di Maio, che ha disposto l’autopsia sul corpo della ragazzina e ha aperto un fascicolo per istigazione o aiuto al suicidio, in relazione ad alcuni sms trovati sul suo cellulare. (Gi.Ba.)