MONTALTO - Due imprenditori campani, padre (di 59 anni) e figlio (di 33), sono stati arrestati a Palma Campania con l’accusa di omicidio colposo e caporalato, nell’ambito dell’inchiesta sulla morte del tunisino 57enne, bracciante agricolo di Montalto di Castro, scaricato da un’auto e lasciato in condizioni cliniche disperate nei pressi dell’ospedale di Tarquinia.

Il decesso risale al 21 luglio scorso presso l'ospedale di Viterbo, due giorni dopo il ricovero nel Pronto soccorso dell’ospedale di Tarquinia dove era stato lasciato con febbre alta e disidratazione.

L’indagine è stata portata avanti dai carabinieri della Compagnia di Tuscania e della stazione di Montalto, coadiuvati dai colleghi della Compagnia di Nola e del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Viterbo, che hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari emessa dal gip del tribunale di Civitavecchia su richiesta della locale Procura della Repubblica.

Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, realizzati attraverso lo sfruttamento dei lavoratori, approfittando del loro stato di bisogno; impiego di manodopera clandestina; violazione di qualsivoglia normativa sull'orario di lavoro e in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro: è questo il quadro accusatorio contestato dalla Procura di Civitavecchia e condiviso dal giudice per le indagini preliminari all'esito delle indagini svolte dai carabinieri della stazione di Montalto e del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Viterbo.

In totale, secondo l’accusa, erano sei gli operai tunisini impiegati in nero, di cui tre senza permesso di soggiorno per lavoro subordinato.

Gli accertamenti delegati dalla Procura di Civitavecchia sono stati condotti con l’ausilio dei mediatori culturali della Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), attivata secondo il programma “Alt caporalato” dell'ispettorato nazionale del lavoro.

Stando a quanto finora emerso, anche a seguito dell'autopsia sul corpo senza vita del tunisino, quando il bracciante 57enne si è accasciato a terra svenuto, uno degli indagati avrebbe omesso di chiamare subito i soccorsi.

Grazie al tempestivo allarme lanciato dai sanitari e all'intervento immediato dei carabinieri in ospedale, gli inquirenti sono riusciti ad individuare l'autovettura che lo aveva scaricato e ad identificarne il conducente.

Al termine delle indagini, coordinate dalla Procura di Civitavecchia, i militari di Montalto di Castro hanno quindi dato esecuzione al provvedimento restrittivo degli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico nei confronti dei due imprenditori che adesso dovranno rispondere delle gravi accuse formulate dall’autorità giudiziaria.

UIL VITERBO, FONDAMENTALE IL LAVORO DI CARABINIERI E PROCURA “Un risultato importante che dà seguito a un lavoro fondamentale da parte dei carabinieri e della Procura”.

Lo dichiara il segretario generale della Uila-Uil di Viterbo Antonio Biagioli in merito ai provvedimenti adottati, domiciliari e braccialetto elettronico per padre e figlio a seguito della morte del bracciante agricolo la scorsa estate a Montalto di Castro. “Una tragedia - prosegue Biagioli - che ha visto la mobilitazione dei sindacati con una manifestazione dei lavoratori agricoli, che ha visto anche la partecipazione della società civile, a piazza della Repubblica a Viterbo ad agosto”.

“Non si può e non si deve morire di fatica come è successo a Montalto - continua il segretario generale della Uila-Uil -. Non è più tollerabile che qualcuno possa pensare di continuare a sfruttare impunemente i lavoratori agricoli, facendo anche barbaramente leva sulle loro condizioni di vita e sul loro stato di bisogno”.

“È infine di fondamentale importanza - conclude Antonio Biagioli - aumentare i controlli potenziando le istituzioni prepoistituzioni mettendo il più possibile le autorità competenti e le forze dell’ordine di intervenire anche per evitare tragedie come quella di Montalto di Castro e tante altre che in questi anni si sono verificate sul territorio».

PRESUNZIONE DI INNOCENZA

Il soggetto indagato è persona nei cui confronti vengono fatte indagini durante lo svolgimento dell’azione penale; nel sistema penale italiano la presunzione di innocenza, art 27 Costituzione, è tale fino al terzo grado di giudizio e la persona indagata non è considerata colpevole fino alla condanna definitiva

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