LADISPOLI - «Per risolvere questo problema bisogna fare cultura cinofila». A cercare di dare qualche consiglio utile per fermare questa scia di casi di aggressioni da parte di cani di grande taglia nei confronti di altri amici a quattro zampe o di persone, è il camportamentalista del centro di psicologia canina di Roma, Marco De Paola.

Prendendo come esempio proprio il Pitbull il comportamentalista spiega come questo appartenga ad una razza con una «forte spinta predatoria» ad esempio, dunque il proprietario deve essere «in grado di avere una minima gestione, anche fisica» ad esempio per trattenerlo.

Ma non solo: il proprietario dovrebbe cercare di «esaudire le motivazioni».
Ma come? «All'interno di un programma di recupero comportamentale» che consenta uno «slittamento motivazionale»: se all'amico a quattro zampe permettiamo, nella sua routine quotidiana, di "sfogare" la sua indole in una «cornice ludica e divertente», quando si ritroverà in mezzo alla gente, nel tessuto urbano, «sarà meno attratto dalle cose che si muovono perché ha già scaricato» le sue motivazioni. Non si può dunque fare affidamento solo sui regolamenti e le leggi che impongono di tenere gli animali al guinzaglio, che il guinzaglio non debba superare il metro e mezzo, e che si deve essere dotati di museruola da usare quando il caso lo richiede. «Se si inibisce il cane, la sua motivazione predatoria, non rendiamo il cane soddisfatto. Così, quando vede un cane libero "cede" al suo carattere. Le energie devono defluire in modo corretto». Poi ovviamente, stop agli stereotipi. «Un cane come un pitbull è difficile da tenere, ma non significa che sia impossibile. La razza non ha il destino segnato».

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