«La morte di Satnam si poteva evitare, se c’è un morto è perché qualcuno l’ha ucciso. Quando è avvenuto l’incidente le lavoratrici e i lavoratori lo hanno soccorso, era invece ancora abbandonato dal suo datore. Oggi un altro lavoratore morto è morto a Minturno: non c’è neanche più un conteggio ordinato del numero dei decessi sul lavoro». A parlare è il segretario regionale della Cgil di Roma e Lazio Natale Di Cola, ieri a piazza della Repubblica a Viterbo per il sit-in organizzato dalla Rete Antitratta Tuscia con l’adesione di 30 sigle sindacali, politiche e associazionistiche del territorio. In prima fila i sindacati confederali provinciali con i segretari Stefania Pomante (Cgil), Elisa Durantini (Cisl) e Giancarlo Turchetti (Uil) e, in particolare, le sigle dell’agricoltura Flai Cgil, Uila Uil e Ai Cisl. «A causa del dissanguamento Satnam è morto ed è diventato un simbolo – ha detto ancora Di Cola – stiamo parlando di persone che non sono libere ma sfruttate e senza futuro. I sindacati stanno lottando. Torno da un incontro in Regione, per la prima volta abbiamo puntato i piedi insieme e ottenuto che non ci fossero solo tavoli dove ci raccontano quello che fanno. Oggi c’erano rappresentanti del governo, prefetti, le associazioni datoriali e abbiamo chiesto giustizia e cose semplici: che paese è quello in cui il datore di lavoro di un’azienda può fare come gli pare: l’impresa di Satnam è indagata da 5 anni per sfruttamento del caporalato e un lavoratore è morto per le scelte del datore: quell’azienda va chiusa e quegli imprenditori allontanati. Servono ispettori, il 70% delle ispezioni danno esito positivo ma nel senso dell’illegalità e dello sfruttamento. Quando denunciamo se non c’è una risposta i lavoratori sono soli. Satnam aveva una compagna: la politica ha fatto una scelta, grazie alla nostra pressione le è stato rilasciato un permesso di soggiorno. Se è stato rilasciato è per l’articolo 18 sul Testo unico sull’immigrazione che permette di concedere a chi è vittima di sfruttamento di avere un permesso di soggiorno».

«L’iniziativa nasce dal fatto tragico di Latina – dice Massimiliano Venanzi, segretario Flai Cgil Viterbo – in cui un lavoratore indiano è morto in circostanze vergognose. Oltre all’incidente sul lavoro è stato anche abbandonato dal datore di lavoro. L’autopsia ha fatto capire che il lavoratore si sarebbe potuto salvare. Vogliamo portare un messaggio di solidarietà alla comunità indiana di Latina e per ricordare tutti i morti sul lavoro. Già un anno fa, l’8 agosto, in questa piazza abbiamo fatto una manifestazione perché era successa la disgrazia di Nasser, morto per il troppo caldo mentre raccoglieva i cocomeri. Anche a livello politico il fenomeno del caporalato è conosciuto: c’è la legge 199 del 2016 che ha limitato il fenomeno ma servono maggiori tutele».

Antonio Biagioli, responsabile provinciale Uila Uil, dice che «il fatto di Satnam è simile al caso del morto di Montalto di un anno fa. Un operaio che ebbe un malore fu abbandonato al pronto soccorso e dicevano che era stato trovato sulla strada. Il caso di Latina è peggiore perché Satnam è stato abbandonato come fosse un sacco della spazzatura col braccio staccato. Il problema vero è che da una parte c’è grande richiesta di manodopera, poi i turni di lavori sono di 13-14 ore con paghe da fame per 3 euro l’ora. L’azienda era già indagata per caporalato ed è incomprensibile come possa operare. C’è un problema di formazione: alle aziende non conviene perché poi molti prendono consapevolezza. Mi risulta che l’ordinanza della Regione per non fare lavorare negli orari centrali i braccianti è stata spesso disattesa. Ci rivolgeremo al prefetto».

«Siamo qui per la solidarietà alla famiglia di Satnam Singh – dice la segretaria provinciale di Fai Cisl Sara De Luca – è una sconfitta per tutti noi perché l’Italia non ha saputo proteggere un suo figlio, un lavoratore. Non possiamo accettare le politiche del giorno dopo, serve fare prima che avvengano queste morti. Dobbiamo stare vicini alle aziende e ai lavoratori con gli strumenti per le tutele che ci sono: è attivo un tavolo alla Regione Lazio ma le iniziative vanno calate sui territori. Faremo altre mobilitazioni più incisive per smuovere le istituzioni che devono prendere atto di questa situazione. Serve sinergia collettiva».