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Nell’ambito dell’inchiesta sulle auto importante dall’estero senza pagare l’Iva è stata confermata la confisca milionaria all’imprenditore Elio Marchetti. La guardia di finanza di Viterbo, infatti, ha notificato al noto imprenditore dedito al commercio di autoveicoli d’importazione (“soggetto fiscalmente e socialmente pericoloso”, come lo definisce la Finanza), il decreto emesso dalla corte di appello di Roma e ha dato attuazione alla confisca di secondo grado di beni, disponibilità finanziarie e quote societarie del valore di oltre 8 milioni di euro, a conferma di quanto precedentemente disposto dalla Sezione Misure di Prevenzione del tribunale di Roma, su richiesta della procura di Viterbo. I beni confiscati, già affidati ad un amministratore giudiziario per consentire la regolare prosecuzione delle attività commerciali, al fine di mantenere e valorizzate le attività patrimoniali interessate dalla misura ablatoria, vengono ora attratti nella fase amministrativa di destinazione dei beni confiscati (devoluzione definitiva allo Stato, ove la confisca di secondo grado venga confermata dalla Corte di Cassazione), che vede quale protagonista l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC), prevedendo l’assunzione diretta dei beni stessi e l’individuazione di idoneo soggetto destinatario degli stessi per il migliore utilizzo al fine di produrre un positivo ritorno per la collettività. Il provvedimento preventivo costituisce un ulteriore capitolo di una laboriosa operazione di polizia giudiziaria ed economico-finanziaria, iniziata nel 2017 in collaborazione con la locale polizia stradale coordinata dalla procura di Viterbo, nel corso della quale l’imprenditore era stato denunciato e arrestato insieme ad altre 5 persone, per aver organizzato, in associazione, un sodalizio criminoso dedito stabilmente all’importazione e alla commercializzazione di beni in evasione d’imposta, che ha permesso di omettere il versamento a favore delle casse dell’erario di Iva pari a 5.400.000 euro e di Ires per 1.500.000 di euro.
L’indebito risparmio fiscale così ottenuto dai sodali, veniva “investito” collocando i beni sul mercato a prezzi estremamente vantaggiosi, a discapito delle imprese concorrenti operanti nel pieno rispetto della normativa fiscale.
Il servizio della guardia di finanza ha permesso di restituire alla collettività i beni accumulati attraverso comportamenti illeciti.