CIVITAVECCHIA - Il caro-gasolio è solo l'ultimo dei problemi a cui devono fare fronte i pescatori. Ma è quello che oggi rischia di far saltare il banco. Perché la categoria, a queste condizioni, non riesce più ad andare avanti. La pesca, che esce già da un periodo piuttosto difficile, dovuto all'emergenza pandemica che non ha risparmiato neanche questo settore, oggi si trova a fare i conti con prezzi arrivati alle stelle. “Oggi il settore rischia di essere in via di estinzione" tuona Salvatore Cicatello, presidente della Cooperativa di pesca Marinai e Caratisti di Civitavecchia, porto che sabato pomeriggio ha ospitato un incontro al quale hanno preso parte colleghi di Fiumicino, Anzio, Civitanova Marche, Castiglione della Pescaia, Santo Stefano, Manfredonia, Gaeta, Terracina, per affrontare le problematiche del settore.

"Se continuiamo così – hanno aggiunto i pescatori, alla Darsena Romana, davanti ai loro pescherecci – queste imbarcazioni tra qualche anno non ci saranno più". E in effetti, come spiegato dallo stesso Cicatello, "oggi il gasolio è arrivato a circa 0,80 euro – ha spiegato – ma c’è differenza tra porto e porto, c’è chi lo vende a 0.75 e chi a 0.85. Eppure, visto che è ad un prezzo agevolato per chi lo utilizza come noi solo per lavoro, dovrebbe essere uguale per tutti. Lo scorso anno lo pagavamo circa 0,45-0,50 centesimi al litro. Nel 2008 poi, quando mettemmo in campo il primo sciopero per il caro gasolio, il prezzo del petrolio al barile era di 160 dollari e il gasolio era arrivato a 0.80. Oggi il barile sta a 90 dollari, ma il prezzo del gasolio è sempre lo stesso. Come è possibile?".

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A questo prezzo, considerando che ogni peschereccio, a Civitavecchia, ha bisogno di circa 700/800 litri di gasolio al giorno, il costo del carburante – lo hanno ribadito i pescatori – va ad impattare in maniera insostenibile sul settore. "Parliamo – hanno sottolineato – di circa il 60% del fatturato. Un costo eccessivo, non ce la facciamo ad andare avanti così". È un grido d’allarme quello che arriva dalle banchine. Le marinerie, che sono la storia dei porti, famiglie che da decenni vanno per mare, generazioni che si confrontano e si scontrano con regole, restrizioni, decisioni del Governo e delle Regioni, oggi sono sfinite. Gli incontri come quello di sabato scorso a Civitavecchia e del fine settimana a Napoli, servono per unire le voci, per arrivare perché no ad uno sciopero generale. Magari insieme ad altri comparti, come quello dell’autotrasporto, in sofferenza.

"Quello del caro gasolio è l’ultimo dei nostri problemi – hanno concluso – le criticità maggiori sono i regolamenti europei che non tutelano la categoria. I costi di gestione quotidiani sono eccessivi, tra spese per carburante, stipendi per i marinai e contributi. Così è sempre più complicato lavorare".

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