FIUMICINO – Un’intera stagione di appalti sotto la lente della magistratura. Dieci anni di affidamenti nel Comune di Fiumicino – 8 dell’era Montino, 2 dell’attuale Amministrazione – finiti nel mirino della Guardia di Finanza. E adesso, dopo mesi di indagini silenziose, scatta il terremoto giudiziario: quattro arresti, 17 persone indagate, e accuse pesantissime che colpiscono il cuore dell’amministrazione.

Ai domiciliari con braccialetto elettronico sono finiti Fabio Sbrega, dirigente comunale, Cristiana Baldoni, funzionaria, e due imprenditori, Piero Patrignani (cooperativa L’Arco) e Gennaro Mugnano (Ideaform). Le accuse: turbativa d’asta, corruzione e affidamenti truccati per milioni di euro.

Il blitz è scattato ieri mattina. I finanzieri hanno fatto irruzione in Comune, acquisendo documenti, entrando negli uffici di diversi dipendenti e notificando gli atti al segretario generale. Poi, la scena che ha segnato la giornata: Sbrega portato via a bordo di una Punto bianca civetta, Baldoni prelevata con l’auto di servizio della Gdf, scortata dagli agenti. I colleghi, attoniti, hanno assistito in silenzio.

Secondo l’ordinanza firmata dal gip Matteo Ferrante, «alcuni operatori economici avrebbero da tempo intessuto un legame di mercimonio con funzionari ed esponenti politici» del Comune.

I fatti contestati partono dal 2016 e arrivano fino al 2024: nel mirino ci sono servizi sociali per disabili e migranti, attività culturali e turistiche, eventi come le luminarie natalizie.

Il metodo, scrivono i magistrati (e ricordiamo, come prescrive la Riforma Cartabia, che un’accusa non equivale a una condanna, ma va provata in Tribunale, ndr), era quasi sempre lo stesso: gare pilotate o affidamenti diretti ottenuti spezzettando gli importi. In cambio, denaro, favori, benefit.

Si parla di una carta prepagata della cooperativa con 39.500 euro di ricariche, usata anche per acquisti personali su Amazon e pasti da asporto per centinaia di euro, perfino durante il lockdown. In un altro caso, un buffet da 1.500 euro per il compleanno del dirigente, offerto come “dono” e poi rimborsato solo dopo che l’inchiesta era già avviata, nel tentativo – secondo gli inquirenti – di coprire le tracce. Fin qui le accuse, da portare nelle aule di Tribunale.

Da vagliare poi le singole posizioni personali. Perché in questo momento tutto sembra confluire in un unico calderone dove le accuse genericamente colpiscono tutti, ma nella realtà giuridica non è così.

La responsabilità penale è personale, e – ove ci fossero stati reati – i singoli indagati ne risponderanno per il proprio operato.

Dunque è possibile che ci saranno indagati che escono dal procedimento totalmente “puliti”, altri che avranno responsabilità minime e altri che invece costituiranno il cuore dell’indagine.

Nell’elenco degli indagati compaiono anche nomi noti: Marco Mastrofini, funzionario direttivo, Federica Poggio, assessora al Turismo, Raffaello Biselli, assessore al Commercio, Giuseppe Galli dirigente comunale, Riccardo Graziano, consigliere giuridico del sindaco Baccini e Antonio Scarpelli, agente dello spettacolo. Coinvolti anche direttori artistici, imprenditori, collaboratori di cooperative e persino il presidente della Pro Loco, Pino Larango. In tutto, 17 persone – sette tra funzionari e politici – coinvolte in una rete che avrebbe gestito appalti, proroghe e incarichi per oltre 4 milioni di euro, secondo l’incrocio delle fatture.

Il periodo chiave dell’indagine coincide, in larga parte, con la precedente amministrazione di centrosinistra guidata da Esterino Montino; gli assessori indagati, però, sono del nuovo corso.

E mentre il sindaco Mario Baccini invita la magistratura a fare piena luce, l’opposizione di centrosinistra chiede un consiglio comunale straordinario. Un cortocircuito politico che si accende su un’inchiesta ancora in fase di sviluppo: ci sarebbero altre richieste di misure cautelari già sul tavolo. In un’intercettazione, l’imprenditore Mugnano esplode: «Non voglio più stare al ricatto». Una frase che sintetizza il clima di pressioni e favori che, secondo la ricostruzione investigativa, ha inquinato per anni l’assegnazione di servizi pubblici essenziali.

L’ordinanza anticipa che i filoni d’indagine sono più d’uno, separati ma con un impianto probatorio comune. La magistratura continua a scavare. E Fiumicino, per ora, resta sospesa in un silenzio pieno di domande. Per tutti, lo ribadiamo, vale il principio di non colpevolezza, fino a sentenza.