"Sono circa 42mila i bambini collocati nel 2023 in strutture residenziali”, “un numero enorme” paragonando i dati a quelli provenienti da Francia e Germania.

A guardare con crescente preoccupazione ai dati che riguardano l’infanzia in Italia è il professor Vincenzo Mastronardi, Psichiatra e Criminologo Clinico, già Direttore della Cattedra di Psicopatologia Forense presso l'Università di Roma Sapienza e oggi docente di Teoria della Devianza e Criminogenesi all'Università degli Studi Internazionali di Roma. 

"Sono circa 42.000 - afferma - i bambini collocati nel 2023 in strutture residenziali (inclusi i minori stranieri non accompagnati, senza i quali la cifra si riduce a 33.310 ndr). Un numero enorme, soprattutto se lo confrontiamo a realtà di Paesi simili, come Francia, con circa 7.600 casi, e Germania, con poco più di 6.000, e in continua crescita rispetto agli anni precedenti”.

Per Mastronardi il problema non è il singolo assistente sociale o il singolo tutore ma “il modus operandi complessivo, un sistema che talvolta interviene prima di sostenere, che limita i contatti con il genitore protettivo, che non sempre ascolta il minore e che rischia di protrarre l'affidamento oltre i tempi consentiti dalla legge”.

In queste crepe operative, spiega, si inserisce ciò che definisce "danno istituzionale”: non intenzionale, ma reale. “Molto spesso - aggiunge - coesiste peraltro l'imposizione forzata di contatto col genitore maltrattante con insufficienti incontri di supporto alla genitorialità, affidando al singolo genitore il ricorso a un terapeuta che dopo pochi incontri viene ignorato". Il professore osserva che “l'allontanamento dovrebbe essere l'extrema ratio, non la prima scelta”, e che “ogni decisione presa in fretta può trasformarsi in un trauma aggiunto, tenendo, inoltre, conto della spesa fino a 400 euro al giorno per ogni bambino, la quale si traduce con un inutile aggravio all'erario di oltre 4 miliardi all'anno”.

La sfida, dunque, è innanzitutto culturale prima che tecnica: "Serve un cambio di paradigma. Più formazione, più multidisciplinarità, più trasparenza, più ascolto dei bambini".  E conclude con un appello: “La tutela dei minori è un dovere collettivo. Davvero non possiamo permetterci che le nostre inefficienze ricadano sui più vulnerabili”.