CERVETERI - Situazioni scioccanti, che incutono grande terrore nella società e di cui, quindi, si preferisce non parlare. È questo il motivo per il quale molto spesso gli abusi di pedofilia su minori sono sottostimati. Di molti non si verrà mai a sapere. A fare una disamina della situazione, dopo la conferma della Suprema Corte di Roma della condanna a 9 anni, del nonno "orco" di Cerveteri, è la criminologa Linda Corsaletti. Anche lei, vittima all'età di 8 anni. In questo caso di un amico di famiglia. A raccontarlo, in un libro, "Il forno delle streghe", e in diretta a News&Coffee, è stata proprio lei. «La pedofilia è molto più presente di quel che si pensi. È un qualcosa di sottodenunciato che non va mai a confluire nelle statistiche ufficiali. Le notizie di questo fenomeno sembrano rarissime ma quello che sentiamo è solo una minima parte di quello che accade tutti i giorni, soprattutto in ambiti famigliari, nella sfera delle conoscenze». Per la criminologa la cosa più importante è «parlare», andare a intercettare «i segnali d'allarme». Insomma: «prevenire». «Far finta di non vedere significa non mettere il bambino in salvo, far perpetrare l'abuso ed è una mostruosità tanto quanto la pedofilia». Ma perché si tace? Ci si gira dall'altra parte? «C'è una forte vergogna nell'ammettere che nella propria famiglia si possano commettere questo tipo di atti». «È fondamentale - ha proseguito ancora Corsaletti - parlare con i bambini, metterli a conoscenza dell'importanza del dire no a toccamenti, o a situazioni non desiderate. Intercettare questi fenomeni in tempo significa interrompere un abuso che può salvare il bambino».

Piccoli che, quando si tratta soprattutto di persone che rientrano nella loro sfera famigliare, tendono a rimanere in silenzio. «Il motivo per cui non parlavo io, ad esempio, era la minaccia. Minaccia che mi faceva capire che se lo avessi raccontato in famiglia avrei creato un dolore immenso. E col mio silenzio permettevo a liu di perpetrare». Una storia di abusi interrotta quando la stessa criminologa ha deciso di rompere il muro del silenzio per salvare la sorella sulla quale quell'amico di famiglia aveva già messo gli occhi. «Purtroppo, spesso, la conoscenza diretta col soggetto rende più difficile al bambino di parlare». Meccanismi, tabù, segnali, appelli, tutti raccontati nel suo libro dal titolo dal profondo significato, "Il forno delle streghe": «Era il luogo in cui venivo minacciata di essere buttata se avessi parlato». Da qui l'appello a non girarsi dall'altra parte anche al minimo sospetto. «Non si deve avere paura di pensare "e se mi fossi sbagliato?". Meglio porre attenzione - ha concluso - a una situazione equivoca».
 So.Be.

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