Rifiuti, rinnovabili, deposito scorie nucleari. Nessuna sindrome di Nimby ma le proteste che si levano nel Viterbese riflettono semplicemente una realtà sempre più insostenibile in un territorio costantemente sotto scacco di decisioni prese sulla testa delle popolazioni. Il “cortile” della Tuscia sembra essere sempre la prima scelta quando si tratta di imporre ogni genere di servitù.

Pattumiera del Lazio, invasa da oltre il 78% degli impianti rinnovabili dell’intera regione e con la spada di Damocle di essere anche la zona in cui potrebbe essere realizzato il deposito nazionale delle scorie nucleari.

Un timore ampiamente giustificato dopo la pubblicazione della carta delle aree idonee che vede ben 21, dei 51 siti individuati in tutta Italia, tutti ubicati nella provincia di Viterbo.

E ciò nonostante le osservazioni che comitati, associazioni e amministrazioni dei Comuni interessati hanno redatto e sottoposto alla Sogin, all’indomani della pubblicazione dell’elenco delle aree potenzialmente idonee.

Domani la questione della struttura unica per lo stoccaggio delle scorie nucleari sarà affrontata in consiglio provinciale e in sede di assemblea dei sindaci.

La finalità è quella di redigere una mozione d’indirizzo che esprima la contrarietà delle istituzioni locali in maniera compatta e condivisa.

Intanto a ribadire un secco no all’impianto è uno dei vari comitati che portano avanti strenuamente la battaglia per la difesa del territorio. Nella fattispecie è il comitato per la salvaguardia del territorio di Arlena di Castro che, oltre a ribadire i motivi enunciati nelle osservazioni portate all’attenzione della Sogin, lancia un appello alla Regione e alla Provincia.

Inoltre evidenziando che “molti Comuni della Tuscia hanno deliberato la loro contrarietà per la localizzazione nel loro territorio del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, il comitato sottolinea che, oltre alle osservazioni, in questi giorni, i Comuni di Gallese e di Ronciglione in consiglio comunale hanno deliberato: di non presentare l’autocandidatura ad ospitare il deposito e l’annesso parco tecnologico; di mettere in atto tutte le azioni ritenute necessarie per escludere il loro territorio da tale localizzazione; di supportare e sostenere tutte le iniziative adottate dai Comuni e/o altri enti che abbiano gli stessi obiettivi nei confronti dei territori limitrofi; di mettere al corrente la cittadinanza pubblicizzando l’iter operativo per tale localizzazione”.

Il comitato di Arlena di Castro poi rimarca, sinteticamente, le ragioni del no.

Dalla presenza di vulcani in quiescenza, quali il lago di Bolsena e lago di Vico, a quella di falde acquifere superficiali diffuse alla presenza di un enorme acquifero vulcanico diffuso (acque termali).

E ancora: la sismicità delle aree; la vicinanza dei centri abitati; la presenza di coltivazioni di pregio (Dop, Igp), di numerose Aree naturali protette, di emergenze archeologiche e la viabilità inadeguata.

A fronte di tutto ciò il comitato chiede che l’amministrazione comunale di Arlena deliberi per impegnare il sindaco e il consiglio a tutelare il proprio territorio, oltre a “intraprendere azioni decise ed idonee a stimolare l’amministrazione provinciale e l’amministrazione regionale affinché diano attuazione a tutte le iniziative politiche necessarie a tutelare l’intero territorio della provincia di Viterbo e far sì che la scelta della localizzazione non ricada su nessuna delle aree indicate sulla Cnai interessanti i comuni della Tuscia».