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CIVITAVECCHIA – «Ci sono parole che suonano burocratiche, ma che in realtà contengono una visione. “Patti educativi di comunità” è una di queste. Non è un tecnicismo scolastico, non è l’ennesima riforma calata dall’alto: è la scelta politica di dire che educare non è compito esclusivo della scuola, ma un’azione collettiva che riguarda l’intera città». Ne è convinta la delegata alle politiche interculturali Valentina Di Gennaro. «Abbiamo immaginato un’educazione che non comincia al suono della campanella e non finisce al rientro a casa. Un’educazione che attraversa le biblioteche, le piazze, le associazioni, i centri culturali, i parchi e i cortili. Sì, proprio quei cortili che troppo spesso consideriamo vuoti urbani, mentre sono invece pieni di storie, di infanzie condivise, di anziani che tengono insieme i pezzi del quartiere a colpi di buongiorno – ha aggiunto – nell’ambito della mia delega alle politiche interculturali, con la mozione che presenteremo in Consiglio Comunale e con l’adesione al modello dei patti educativi di comunità, all’ordine del giorno della prossima commissione cultura e pubblica istruzione, Civitavecchia sceglie di pensare in grande partendo dal piccolo: dai luoghi che conosciamo, che ci hanno cresciuti e che possono ancora educarci alla prossimità, alla cooperazione, al prendersi cura. I cortili diventano così presìdi democratici, spazi dove ricostruire legami, contrastare l’isolamento, generare cultura dal basso. Spazi per biblioteche intergenerazionali, cinema all’aperto, feste da ballo. I patti di comunità, invece, sono lo strumento per dare forma a tutto questo: accordi tra scuole, enti locali, famiglie, realtà del terzo settore, comitati di quartiere. Sono alleanze pedagogiche, ma anche politiche, nel senso più alto del termine: la politica come progetto condiviso, come assunzione di responsabilità reciproca. Civitavecchia non si limita a gestire l’esistente. Lo trasforma – ha concluso la delegata - mette insieme educazione e urbanistica, socialità e cura, infanzia e futuro. Perché l’educazione è un diritto solo se è anche un luogo. E noi vogliamo che questo luogo sia qui, tra le nostre case, tra le nostre persone, nel nostro vivere insieme».