ENRICO CIANCARINI

CIVITAVECCHIA – A Civitavecchia, come a Roma, il Carnevale è sempre stata una festa molta sentita e partecipata. Nei tempi passati, era l’unico momento in cui la Chiesa permetteva alla popolazione dello Stato pontificio di trasgredire le rigide ed asfissianti regole che disciplinavano la loro vita quotidiana. Quando il governo ecclesiastico voleva punire l’intera popolazione vietava o limitava le manifestazioni carnascialesche che il popolo aspettava impaziente ogni anno. Dopo la Repubblica romana del 1849 il Teatro Traiano rimase chiuso per alcuni anni. I Civitavecchiesi durante il Settecento e l’Ottocento, infatti, amavano frequentare assiduamente il teatro e l’opera. A fronte di ciò gli amministratori dell’epoca organizzavano la stagione teatrale privilegiando il mese di febbraio in cui venivano messe in scena le opere e le commedie più famose e richieste.

Sul giornale locale il Fiorello, nel febbraio 1884, troviamo traccia delle Società per il Carnevale che nascevano e morivano nel breve periodo dei festeggiamenti. Conserviamo il nome di due di queste società: la Promotrice e la Traiana. Esse organizzavano sfilate in maschera per le vie e le piazze della città. In più, apprendiamo dall’articolo, che esisteva il re del Carnevale: Giovanni Domenico Scala “un nome che il nostro popolino ha sempre sulla bocca ogni qualvolta si è a Carnevale. Un carnevale, in cui lo Scala non prendesse parte, per brillante che fosse, non sarebbe mai bello per tutta quella gente che vive e lavora e vuol vedere poi messe a vivo le sue aspirazioni”.

I Civitavecchiesi amavano mascherarsi e sfilare per le strade cittadine. Unico divieto imposto: quello di indossare vesti ecclesiastiche. Con il Regno d’Italia furono proibite le divise militari.

Sui giornali dell’epoca troviamo riferimenti precisi a queste limitazioni. Dopo lo sciopero dei facchini del porto scoppiato il 18 gennaio 1897, il sottoprefetto aveva vietato l’uso delle maschere nell’imminente carnevale. Il corrispondente del Messaggero, Giulio Rambaldini, poteva annunciare sulle pagine del 9 febbraio che ”con soddisfazione dei cittadini è stato affisso il manifesto del sottoprefetto che concede nuovamente l’uso della maschera, tolto, come sapete, per lo stato d’assedio in occasione dello sciopero dei facchini del porto. Certo però, che nelle condizioni attuali il nostro carnevale non sarà più allegro degli scorsi anni!”

Anche negli anni successivi, era necessario il beneplacito del funzionario prefettizio per indossare la maschera: “Alcuni cittadini in commissione si sono recati dal sottoprefetto a chiedergli la sua autorizzazione per l’uso della maschera sulle piazze in questi ultimi giorni di carnevale. Il conte D’Ancora rispose che quantunque non avesse pubblicato quest’anno il solito manifesto, egli non si opponeva. Ora le mascherine dopo tanta noia, potranno ballare e divertirsi a piacimento”. Scrive il Messaggero del 19 febbraio 1909.

In piazza si ballava accompagnati dalle musiche delle bande cittadine (anch’esse sfilavano mascherate), compresa quella reggimentale. Dal Messaggero del 2 febbraio 1900 apprendiamo che la Banda Ponchielli diretta da De Jacobis “da domenica ha principiato, nella piazza, i suoi servizi di carnevale”.

Le feste mascherate si svolgevano tradizionalmente in Piazza Vittorio Emanuele ma quando il tempo era cattivo ci si rifugiava in teatro: “Fa un tempo proprio birbone: un freddo, un vento da restare assiderati! Così abbiamo pochi divertimenti, inoltre sono sospesi, per le piazze, i concerti che davano la solita allegria ed animazione. Ieri sera, al Traiano, il veglione in maschera riuscì magnificamente. Non molto pubblico”. (Messaggero del 18 febbraio 1901).

Un altro teatro molto utilizzato per le feste di carnevale era il Vittorio Alfieri in via Granari. Spaccari, corrispondente del Messaggero, pubblica una dettagliata cronaca il 17 febbraio 1900:

“Egregiamente riuscita la cena gastronomica data mercoledì sera al teatro Alfieri dall’Unione filodrammatica civitavecchiese, per inaugurare la serie delle feste che ivi si terranno durante il carnevale. Il concorso fu abbastanza numeroso. A mezzanotte si tolsero le mense,e, con gioi indicibile delle tante signorine e dei molti cavalieri, che attendevano impazienti, si diede immediatamente principio alle danze, le quali, animatissime, durarono sin quasi le ore 3. La simpatica serata, che non poteva riuscire più ordinata e gioconda, lasciò tutti soddisfattissimi”.

I veglioni avevano luogo anche all’Hotel delle Terme e vi partecipavano le massime autorità cittadine: “Domani sera, nella sala dello stabilimento termale Trajano, sarà data una grande festa danzante, ad iniziativa di alcuni signori e di alcuni ufficiali del presidio”. Alcuni giorni dopo abbiamo la cronaca della festa: “Splendidissima è riuscita la festa danzante – datasi ieri – allo stabilimento termale Trajano. Abbiamo notato – tra gli invitati – il sindaco comm. Montanucci, il sottoprefetto conte D’Ancora, il comandante superiore delle torpediniere cav. Presbitero, il colonnello del 91° fanteria cav. Odella ed altre autorità, nonché moltissimi ufficiali di terra e di mare. Era intervenuto il fior fiore delle signore e signorine della città”. (Messaggero del 9 e 11 febbraio 1907).

In un articolo del 15 febbraio 1925, il corrispondente del Messaggero fa una dettagliata panoramica delle feste che si organizzavano in città: “Ad iniziativa dell’Unione musicale cittadina, domani al teatro Trajano eccezionale matinée e serata danzante con ricco cotillon a premi, diretto dal professor Toti di Roma. Molta attesa. Matinée e veglione Celeste lo stesso giorno avrà luogo alla Sala Ponchielli, in via Giordano Bruno n. 7. È riuscito magnificamente il veglione Bianco di questa sera al teatro Trajano. Nella prossima settimana si avrà un magnifico attraente festival al politeama Guglielmi. Si fanno grandi preparativi”.

Così si divertivano a Carnevale i Civitavecchiesi cento e più anni fa.