CIVITAVECCHIA – È proprio vero che l’Italia è un popolo di santi, poeti, navigatori … ed inventori e, nel suo piccolo, anche Civitavecchia ha dato il suo contributo.

Era la primavera del 1943, Civitavecchia non era ancora stata soggetta alla violenza distruttrice dei bombardamenti aerei e delle mine; un giovane operaio di vasto ingegno e spiccata fantasia inviava al Ministero i suoi progetti accompagnati dai disegni esplicativi. Ottant’anni dopo, una ricerca su internet restituisce questa piccola storia che per molti civitavecchiesi è tuttora una cara e nostalgica memoria: quella di Casti Salvatore, inventore.

Quando su Facebook è pubblicato un post che lo cita, in centinaia aggiungono un commento, un ricordo o un aneddoto personale. In tanti mostrano piacere a ricordarlo mettendo semplicemente un like di approvazione o un piccolo cuore.

Privilegio dei grandi miti omerici, la sua biografia è una poesia scritta pochi anni fa da Giancarlo Mori, l’ex comandante dei vigili recentemente scomparso, grande cultore della poesia dialettale civitavecchiese:

Er Casti

De nome lui faceva Sarvatore

e de cognome Casti

ma pe’ la gente ad’era l’inventore,

specialista ner sarto de li pasti.

Chi lo sa chi sarebbe diventato

si ‘n fusse nato, a causa d’un errore

der destinaccio disumano e ingrato,

in un’ambiente pieno de squallore.

Defatti ad’era nato disgraziato

senza patre né matre e senza gnente,

allevato da ‘n zio disoccupato

che faceva ‘na vita da pezzente.

Nun se sa come, però, s’era imparato

a legge’ e scrive’ e pure a fa’ de conto

e chi se lo sarebbe immagginato

che ciavrebbe trovato er tornaconto!

Era portato pell’ingegneria,

la fisica, la scienza e la meccanica

e sostenuto da ‘na fantasia

vivace, ardente, fervida e vurcanica

e pe’ quarsiasi tipo d’esigenza

te la trovava lui la soluzione

perché nu’ je mancava l’esperienza

e nemanco la determinazione.

Quarsiasi marchingegno te servisse

bastava domannallo a Sarvatore

e senza datte er tempo de stupisse,

te fabbricava er mejo radiatore,

oppure t’aggiustava la borzetta.

E c’era chi diceva che lui stesso

faceva cammina’ quela Lambretta,

che lui ciannava a spasso,

coll’acqua pura e no co’ la benzina.

Nun so’ fregnacce, nun ciaveva un sordo

e se faceva paga’ a la scordatina

perché nun era ingordo

tanto ce stava sempre la cugina

che stava in Inghirterra

e de mestiere faceva la regina.

Lui se credeva che nell’anteguerra

lui fosse stato er frutto dell’amore

tra un italiano e ‘na parente stretta

de la casa reale e, ner timore

che se scoprisse tutta la zuppetta,

l’avessero affidato a ‘na servetta.

E come s’incazzava si quarcuno,

vedennelo passa’ co la Lambretta,

je strillava de dietro, sarvognuno,

che quela sua cugina, Elisabetta,

faceva le marchette su’ raccordo,

e lui, che nun doveva daje retta,

invece risponneva: “manigordo!”

Povero Sarvatore,

anima pura e core generoso,

mò sta lassù, sta ar fianco der Signore,

sotto un arbero verde e rigojoso

e je fa segno co’ la sua manina

quanno, llà sotto, passa la Regina.

Poesia di Giancarlo Mori (15 maggio 2019) tratta da Facebook.

Un altro bravo poeta civitavecchiese, Emilio Riccobono, caro amico, anche lui scomparso, lo menziona in “Nostargia”, una poesia che rievoca alcune “maschere” della Civitavecchia del XX secolo. La recupero dalla pagina internet del Gruppo Trekking “Tiburzi” di cui il poeta faceva parte. A Casti Salvatore è dedicata una riga: “Casti co’ la lambretta ‘n po’ truccata”. Il testo poetico è però accompagnato da un vivace ricordo del personaggio:

Casti Salvatore, detto l’inventore, caratteristica maschera della Civitavecchia del tempo che fu, portava i capelli come Albert Einstein, da scienziato pazzo, vestiva con giacca e pantaloni grigi, sempre sgualciti. Ha lavorato presso gli stabilimenti chimici di Aurelia. Nel dopo guerra aprì un’officina di lattone rie e carrozzeria in Via degli Orsini. Era molto preciso nell’eseguire i lavori, con pochi attrezzi rudimentali. Morì intorno al 1995 in miseria. Si prodigò tanto per far funzionare una lambretta con carburante accadueo, ovvero ad acqua. E gli fecero lo scherzo di fargli il pieno di benzina invece che di acqua, immaginabili le conseguenze. Un bel giorno dei bravi ragazzi gli fecero saldare la bicicletta addosso ad un palo di ferro, che aveva parcheggiato fuori di un bar di Corso Centocelle”.

Una delle sue invenzioni più celebrate dai civitavecchiesi è il Robot. Nelle foto che ritraggono questo Robot che Casti Salvatore aveva progettato e costruito da solo, si vedono alcuni bimbi affascinati da quell’enorme giocattolo che si muoveva un passo alla volta mentre si accendevano le tante lucine colorate attaccate su quel grande corpo di latta bianco che lui guidava tramite un filo. Dai loro sguardi affiora quell’ingenuità tipica dei primi anni postbellici e del primo benessere diffuso in Italia. Una foto lo ritrae insieme al suo robot sulla Terrazza Guglielmi, forse l’unica foto che abbiamo di lui.

Casti Salvatore era un provetto inventore che sapeva anche difendere le sue idee tramite l’Ufficio centrale dei Brevetti, a cui lui inviava i progetti perché fossero registrati e tutelati.

Nei Bollettini editi nel 1943, ottanta anni fa, dall’Ufficio centrale dei brevetti per invenzioni, modelli e marchi del Ministero delle Corporazioni abbiamo scovato tre suoi brevetti registrati (uno in comune con Antonio Bovo):

“CASTI Salvatore a Civitavecchia (Roma). – Tt. Dispositivo per realizzare il volo muscolare umano. – Dp. 16 settembre 1942. – Cs. 13 febbraio 1943

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CASTI Salvatore a Civitavecchia (Roma). – Tt. Macchina per la prima lavorazione di prodotti agricoli atta a funzionare da trebbiatrice da sgranatoio, da sgusciatrice, di semenzine, e simili, ed azionabile sia con energia meccanica od elettrica, che con energia animale. – Dp. 16 settembre 1942. – Cs. 16 aprile 1943

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CASTI Salvatore e BOVO Antonio a Civitavecchia (Roma). – Tt. Dispositivo di tenuta a fascia ecoidale per stantuffi di macchine, come motori a combustione interna, a vapore, pompe e simili. – Dp. 2 gennaio 1943. – Cs. 5 giugno 1943

404275”

L’uomo dai tempi di Icaro ha sempre sognato di volare, di imitare il volo degli uccelli. Il grande Leonardo da Vinci ha lasciato alcuni disegni sul tema del volo umano. Anche il nostro concittadino studiò il problema ed elaborò un progetto che è custodito nel Bollettino dei Brevetti che ho potuto consultare. È la descrizione del dispositivo e alcuni disegni che la illustrano. Sono la prova che Casti Salvatore era un inventore di grande intelligenza e soprattutto fantasia:

Dispositivo per realizzare il volo muscolare umano

La presente invenzione concerne un dispositivo per realizzare il volo muscolare umano.

Sono noti numerosi tentativi di soluzione del problema del volo muscolare umano, tentativi che fino ad oggi non hanno dato risultato sensibile.

Secondo la presente invenzione il problema viene risolto equilibrando il peso del velivolo e del pilota con gas meno pesanti dell’aria aventi forza ascensionale tale da far sì che il velivolo e pilota vengano a trovarsi in stato di equilibrio indifferente nell’atmosfera.

Sempre secondo la presente invenzione il moto di traslazione si ottiene per l’azione di un’elica (o più eliche) ad asse di rotazione orizzontale azionata tramite una serie di demoltipliche da pedivelle, azionate a loro volta dal pilota.

Il gas leggero necessario, quale elio, idrogeno ecc. viene contenuto sia nell’ala, che è in conseguenza conformata ad ala spessa sia in appositi recipienti molto leggeri (ad esempio di magnesio) e aventi profilo aerodinamico.

L’Invenzione viene qui di seguito meglio chiarita in un suo esempio di realizzazione indicato a titolo di esemplificazione non limitativa con riferimento al disegno allegato in cui la figura 1 rappresenta una vista laterale del velivolo:

la figura 2 ne rappresenta una vista dall’alto;

la figura 3 rappresenta un particolare dei comandi dei timoni”.

Non sappiamo se Casti Salvatore realizzò un prototipo del suo “dispositivo per il volo muscolare umano”, nessuno di coloro che lo ricordano ne parlano. Della trebbiatrice invece esiste un ricordo, tanto che qualcuno afferma che l’idea gli “fu rubata dai tedeschi”. Chissà se è vero.

Personalmente conservo una memoria sbiadita di Casti Salvatore ma la sua documentazione che ho ritrovato su internet mi ha spinto a scriverne per condividere con i lettori della mia generazione un po’ di nostalgia di quegli anni giovanili.