La plastica rappresenta l’80% dei rifiuti dispersi nell’ambiente marino e costiero: su oltre 90mila oggetti raccolti sulle spiagge e analizzati, 17mila (circa il 20%) è rappresentato da mozziconi di sigaretta, 6mila sono cotton-fioc. Non solo: su oltre 700 individui analizzati, riconducibili a 6 specie ittiche, è risultato che un pesce su tre ha ingerito plastica e in più della metà delle tartarughe analizzate sono stati ritrovati rifiuti. È questo, in sintesi, ciò che emerge dai monitoraggi del progetto Common finanziato dall’Unione Europea tramite il programma Eni Cbc Med con 2.2 milioni di euro, che ha visto coinvolti per l’Italia Legambiente, l’Università di Siena e il Ciheam Bari, l’Istituto Nazionale di Scienze e Tecnologie del Mare di Tunisi e l’Università di Sousse per la Tunisia, l’Ong libanese Amwaj of the Environment e la riserva naturale di Tyre per il Libano. È in questi tre paesi che si sono, infatti, concentrate le attività del progetto i cui risultati sono stati presentati nel corso della conferenza che si è svolta il 7-8 febbraio presso il Carthage Hotel di Tunisi.

"Sebbene il nostro mare sia più piccolo degli oceani Atlantico e Pacifico, è uno degli hotspot di biodiversità più importanti al mondo, ma purtroppo anche uno dei maggiori sei, nel mondo, per quanto riguarda la concentrazione di plastiche in mare. Uno dei maggiori ostacoli al contrasto di questo fenomeno è rappresentato dalla presenza di legislazioni e regole nazionali troppo complesse e poco uniformi tra loro. Per questo, con il progetto Common, abbiamo promosso l'adozione di politiche comuni tra i paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo, perché, è importante ribadirlo, il problema del marine litter va affrontato agendo a livello internazionale, con un’azione congiunta e coordinata dei singoli Stati", dice Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente.

L’obiettivo di Common è contrastare la diffusione dei rifiuti marini nel Mar Mediterraneo. Cinque le aree pilota in cui si sono svolte le attività del progetto: due in Italia (Maremma e Salento), due in Tunisia (Isole Kuriate e Monastir) e una in Libano (riserva naturale di Tyre).

Le attività di monitoraggio scientifico del progetto hanno riguardato l’analisi di macro e microrifiuti presenti sulle spiagge, sulla superficie del mare e ingerite da mitili, da specie ittiche di interesse commerciale e con alto valore ecologico e tartarughe marine.

Dalle indagini condotte sulle undici spiagge delle aree pilota emerge come il materiale più presente sia la plastica: dei 90mila oggetti raccolti e analizzati, 17mila (circa il 20%) sono mozziconi di sigaretta, seguiti da pezzi di plastica con dimensione tra i 2,5 e i 50 centimetri (9%) risultato della frammentazione di oggetti in plastica più grandi, e 6mila (circa il 7%) cotton-fioc. Più della metà dei rifiuti (53%) rinvenuti è monouso o usa e getta. Da dove provengono questi rifiuti? I ricercatori identificano il turismo e le attività ricreative sulla costa come le sorgenti principali del problema nelle aree analizzate.

Gli impatti d
el marine litter sulla fauna marina sono numerosi, anche a causa delle diverse forme e dimensioni del rifiuto: se da una parte riguardano l’intrappolamento degli esemplari principalmente in reti da pesca e oggetti galleggianti, dall’altra l’ingestione dei rifiuti può portare a malnutrizione, morte per soffocamento, ostruzione del tratto intestinale, inedia. Inoltre, l’ingestione di plastica e microplastica può provocare alterazioni a vie metaboliche e sistemi endocrini dovuti al rilascio di sostanze tossiche contenute o assorbite dalla plastica una volta all’interno degli organismi.