La nostra città ha indossato il vestito delle occasioni speciali per assegnare anche quest’anno il premio “Eugenio Scalfari” dedicato al giornalismo e alla poesia, con una giuria presieduta dal sempre “direttore” Ezio Mauro e dai migliori nomi dell’intellighenzia della sinistra giornalistica nazionale. Un parterre de roi che penso la nostra città non abbia mai visto in oltre cinquant’anni di maggioranze social comuniste alternatesi al Pincio.

Bene, questo fa onore alla città perché risorse importanti sono scese in campo per rendere onore ad un personaggio contraddittorio del giornalismo italiano.

Si, contraddittorio perché Scalfari, giovane studente di giurisprudenza lega la sua esperienza giornalistica all’organo di stampa del GUF, gli universitari fascisti, il “Roma Fascista” fino alla caduta della dittatura. Dopo la fine del conflitto entra nel Partito Liberale Italiano ed entra in banca e contemporaneamente collabora con il “Mondo”, espressione dell’ambiente bancario italiano e nel 1955 è tra i fondatori del Partito Radicale e nello stesso anno entra tra i fondatori nel neonato Espresso, il giornale che tra inchieste e bluff riesce a vendere oltre cinque milioni di copie: ricordiamo lo scandalo SIFAR, inchiesta giornalistica a causa della quale fu querelato e fu condannato in primo grado a 15 mesi di reclusione ma il Partito Socialista Italiano gli offrì un seggio da deputato alle politiche del 1968 grazie al quale usufruì dell’immunità parlamentare per evitare la condanna.

Ma nel 1971 sottoscrive la lettera aperta contro il commissario Calabresi, insieme ad altri 800 personaggi della cultura italiana (di sinistra) alimentando un clima d’odio che portò dopo qualche mese all’esecuzione dello stesso Calabresi. Solo nel 2017 chiederà pubblicamente scusa. Anni bui dove imperava il metodo Cederna: denigrazione, si finge di raccontare un’opinione comune che tale non è, s’insinua, si deduce da false premesse. Così un presidente della Repubblica si deve dimettere per poi avere le condanne e le scuse dopo vent’anni. E così Enzo Tortora innocente viene incarcerato ingiustamente.

Ma il nostro concittadino nel 1976 fonda “la Repubblica” all’interno del gruppo L’Espresso, iniziando quest’avventura editoriale che marcherà, nel bene e nel male, la chiusura del secolo e l’inizio del nuovo. L’ingresso di De Benedetti nella proprietà apre allo scontro con Berlusconi in occasione della “scalata” al titolo Mondadori e questo sarà il leit motive della nascita del “partito di Repubblica”, come lo chiamava Scalfari, contro il “cavaliere nero”,la sua battaglia morale contro chi, di fatto, poteva diventare il nuovo editore della sua creatura.

Questo non lo avrebbe mai potuto permettere e oggi possiamo solo registrare una guerra infinita, senza quartiere, anche dopo la morte dei protagonisti, un conflitto che è diventata la “mission” del giornale, proprio come voleva il fondatore.

Come dimenticare l’indagine giornalistica Enimont che, in buona parte verrà confermata dall’inchiesta “Mani Pulite”e qui la battaglia contro Bettino Craxi al quale imputava la mala gestione del potere considerandolo il problema della “questione morale italiana”.

Scalfari fu l’uomo che tramite la sua “creatura” sponsorizzò tutti i vari “governi del Presidente”, indicando perfino Oscar Luigi Scalfaro.

Uomo di potere che sapeva di essere ascoltato da molti, ma a volte scivolava inciampando in una dote che, a mio modesto parere, non possedeva o meglio era sopita in lui. Il suo rapporto con i Papi, tra cui San Giovanni Paolo II al quale per anni stendeva fiumi d’inchiostro per dire lui come fare il “mestiere di Papa”. Poiché veniva puntualmente smentito, in quel periodo, dalla vivezza della Chiesa i suoi consigli lo trasformarono in un risorgimentale “mangiapreti” che poté solo ammettere, alla fine, la sua incapacità a comprendere il dono che era stato fatto all’umanità.

Da dimenticare, invece, i dialoghi avvenuti o meno, con papa Francesco fatti più di smentite che di concetti. Insomma, un protagonista del nostro tempo che ha raccolto sicuramente il guanto della sfida utilizzando la fitta rete di relazioni nei salotti “che contano” e, sicuramente, non ha avuto sull’altro fronte, uno sfidante sia sul piano editoriale che ideologico.

M.T.