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C’è una fotografia, in questi giorni, che racconta meglio di mille discorsi la doppia anima di Civitavecchia. Da una parte le luci, splendenti, simboliche, cariche di futuro: la fiaccola olimpica che attraversa la città grazie all’impegno, alla competenza e alla credibilità di Damiano Lestingi, campione di nuoto e da anni colonna del comitato organizzatore delle Olimpiadi. Un civitavecchiese che porta in alto il nome della città non per caso, ma per merito. Dall’altra, le ombre fitte che avvolgono la macchina amministrativa comunale, sempre più impantanata in decisioni discutibili, fughe di dirigenti, procedure opache o superficiali e un clima che assomiglia più al “si salvi chi può” che a una sana gestione della cosa pubblica.
La distanza tra questi due mondi si è fatta abissale.
Nel pieno della festa olimpica, Civitavecchia è ripiombata nel buio di un’amministrazione che sembra smarrire il controllo in ogni settore. Persino sulla sicurezza, tema che non dovrebbe conoscere divisioni, l’opposizione ha lanciato una vera e propria ciambella di salvataggio: una proposta concreta, articolata, firmata da Paolo Poletti e Luca Grossi. Un tentativo di costruire, non di demolire. Ma per essere utili bisogna essere ascoltati; e per essere ascoltati serve una volontà politica che oggi appare evaporata.
Lo si è visto chiaramente anche nell’assemblea pubblica di lunedì scorso: nata per essere l’ennesima passerella tra amici, è diventata invece un momento di confronto vero, acceso, spesso scomodo. I cittadini hanno parlato, molto più del previsto. Hanno lamentato ritardi, scelte incomprensibili e in contrasto con lo stesso programma elettorale, un distacco crescente tra Palazzo del Pincio e la città reale. Ma, come ripete spesso il sindaco Marco Piendibene, l’amministrazione “va avanti”.
Il problema è come va avanti: tirando dritto per una strada che, metaforicamente e fisicamente, è ormai piena di buche. E alcune buche non sono metafore. Sono voragini amministrative.
Continua la fuga dei dirigenti: un campanello d’allarme che non si può fingere di non sentire. L’ultima a lasciare – e in fretta – è stata la segretaria generale, diretta verso Rieti. Una scelta improvvisa che qualcuno vorrebbe spacciare come ordinaria mobilità, ma che arriva insieme alla scelta di non firmare o avallare alcuni atti.
Intanto, mentre si pagano superconsulenze, si cerca anche un nuovo dirigente all’Urbanistica. E non stupisce: perché l’elenco degli atti pieni di dubbi è lungo. C’è la variante termale, c’è la variante Italcementi, ci sono i lavori della stazione, l’abbattimento della casermetta con i dipinti del Ventennio, il progetto della nuova sede ASL in via Pecorelli. Chi più ne ha, più ne metta. Tutto sospeso tra interrogativi, criticità, ricorsi possibili e un diffuso senso di improvvisazione.
E poi, come se non bastasse, c’è la situazione esplosiva di Csp, con proroghe continue dei contratti di servizio e la prospettiva – ormai tutt’altro che remota – che sia proprio l’amministrazione più a sinistra degli ultimi vent’anni a portare Civitavecchia verso la privatizzazione dei servizi pubblici locali. In questo scenario, il passaggio della fiaccola olimpica ha mostrato ciò che Civitavecchia potrebbe essere: una comunità orgogliosa, capace, viva, proiettata verso il domani. Spento il braciere olimpico, purtroppo, si torna al profilo buio di ciò che la città è, con tutti i suoi problemi che restano irrisolti.
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