CIVITAVECCHIA – Il conto alla rovescia è ormai agli sgoccioli, ma sul futuro della centrale di Torre Nord a Civitavecchia regna ancora l’incertezza. A pochissime ore dalla fine dell’anno, non è stato infatti ancora emanato alcun decreto governativo che chiarisca in modo definitivo quale sarà il destino dell’impianto, né quello della gemella di Brindisi. Un silenzio che pesa, soprattutto alla luce delle ultime dichiarazioni di questi giorni del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin.

Prima di Natale il ministro aveva ribadito che «a fine anno scadrà l’autorizzazione ambientale per la produzione di energia elettrica da carbone delle centrali di Civitavecchia e Brindisi», confermando il percorso di uscita dal carbone previsto dal Piano nazionale integrato energia e clima. Un obiettivo definito “chiaro e consolidato”, in linea con gli impegni europei e con la transizione energetica. Pichetto sottolineava la necessità di valutare «le modalità di intervento che consentano di evitare una dismissione anticipata degli impianti» per ragioni strategiche. 

Un concetto ribadito e rafforzato oggi in un’intervista a Repubblica Affari & Finanza, nella quale il ministro ammette tutte le fragilità del sistema energetico nazionale. «Oggi possiamo contare su approvvigionamenti che coprono poco più del 50% della domanda – ha spiegato – se si verifica un incidente sulle grandi pipeline, come quella che ci collega all’Algeria o il Tap, rischiamo di restare in ginocchio». Da qui la prudenza sulla chiusura definitiva delle centrali a carbone: «La produzione a Brindisi e Civitavecchia si fermerà a fine anno, di fatto è già cessata, ma non me la sento di dare l’ordine di smantellamento».

Parole che, se da un lato confermano l’uscita dal carbone, dall’altro alimentano l’incertezza. Perché al momento manca l’atto formale che indichi con chiarezza quale sarà il futuro dei due siti industriali. E manca, almeno per Civitavecchia, ancora la nomina del commissario governativo per la transizione energetica annunciata come imminente già a metà novembre.

Un vuoto decisionale che pesa sul territorio, in termini economici, industriali occupazionali e di sviluppo, con un 2025 che sembra chiudersi senza certezze.