CIVITAVECCHIA – «Le palme della Marina rendono più bella Civitavecchia, vivono in un ambiente estremo per la presenza del mare, occorrono manutenzioni oculate». Bioma interviene a seguito della segnalazione di un cittadino sullo stato delle alberature sul lungomare, spiegando come comportarsi. 

«La natura è perfetta. Esteticamente brutte alla vista in alcuni periodi dell'anno ma pronte per la prova bikini – hanno aggiunto – la palma nana o di San Pietro (Chamaerops humilis) come tutte le altre specie di palme non richiede interventi di potatura, si asportano solo foglie secche in quanto non vengono utilizzate dalla pianta avendo compiuto la loro funzione biologica. Il palmeto del lungomare di Civitavecchia è soggetto all'aerosol marino composto principalmente da vapore acqueo e sale marino che come si nota nel video oggetto di segnalazione da parte di un nostro concittadino gli effetti negativi sono ben visibili sulle foglie che sono ustionate. In alcuni periodi dell'anno sia le foglie ustionate che secche non devono essere rimosse perché proteggono le foglie verdi dai venti di scirocco e libeccio, le operazioni di manutenzione per togliere le parti secche sono auspicabili in tarda primavera quando le temperature sono più calde. Nel video oltre alla palma nana (che ricordiamo essere l'unica specie di palma spontanea in Italia) sono inquadrate alcune palme del genere Washingtonia con le stesse problematiche. Le suddette palme condividono la forma a ventaglio delle foglie che li differenza dal genere Phoenix con le caratteristiche foglie pennate, visto la maggiore grandezza e peso, le foglie secche in queste palme è consigliabile asportarle in qualsiasi periodo per evitare incidenti. Possiamo ammirare solamente Phoenix dactylifera perche la specie Phoenix canariensis sono tutte morte in passato. Le foglie verdi nelle palme – hanno concluso – non devono essere tagliate e avere la cautela di non provocare ferite per evitare la fuoriuscita del flusso linfatico che attira gli insetti fitofagi come ad esempio il punteruolo rosso».