CIVITAVECCHIA – «Attendiamo il decreto di proroga, e vediamo cosa ci sarà all’interno nello specifico, perché al momento non è ancora molto chiaro».

Maurizio Iacomelli, presidente della società Minosse – che si occupa dello scarico del carbone per la centrale Enel di Torrevaldaliga Nord – descrive così il clima d’incertezza che avvolge il futuro dell’impianto.

L’ultima nave è stata scaricata a gennaio 2024, da allora tutto è immobile.

«Abbiamo già attivato la cassa integrazione per 14 unità – spiega – e il nostro contratto con Enel scade a fine anno. Non c’è chiarezza, e questo pregiudica anche la programmazione del lavoro».

A Roma si discute il decreto che stabilirà i nuovi scenari. La centrale non produrrà più energia, ma resterà in “riserva fredda”: spenta, con gli impianti mantenuti efficienti e pronti a riaccendersi in caso di emergenze energetiche.

Una formula che non riguarda solo Civitavecchia: il Parlamento ha approvato il rinvio dell’uscita definitiva dal carbone al 2038, tredici anni più tardi rispetto all’impegno assunto nel 2017.

Il nodo locale riguarda però la riconversione. Per Civitavecchia sono stati presentati al Mimit 28 progetti per il dopo carbone, ma se le aree restano vincolate all’impianto, la loro realizzazione diventa incerta.

«Noi stessi – ricorda Iacomelli – non siamo rimasti certo a guardare anzi abbiamo partecipato, insieme a un’altra società, con una proposta legata alla cantieristica e all’utilizzo delle banchine. Ma se gli spazi non si liberano, che prospettive ci sono? Comune e Regione devono indicare subito alternative, ad esempio nella zona industriale. Non possiamo ritrovarci ancora bloccati tra qualche anno. Perché Civitavecchia non ha aderito al Consorzio Industriale del Lazio, che potrebbe essere un forte acceleratore anche in questo contesto?».

Resta anche il tema dei costi. In un recente articolo, HuffPost ha citato l’analisi di Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia: «Circa 20 milioni di euro all’anno a centrale, quindi 40 milioni complessivi, che finiranno nelle bollette. Ma avere una riserva strategica limiterà le speculazioni sul gas: potremo risparmiare fino a 300 milioni l’anno. E quindi, l’idea è giusta».

Civitavecchia, però, guarda soprattutto al lavoro e alle prospettive industriali. E qui Iacomelli è netto: «Questa moratoria non deve diventare un alibi - ha concluso - bisogna sfruttarla, usando subito le aree disponibili per progetti alternativi e cantierabili. Servono scelte rapide e concrete».

Il rischio è quello di rimanere prigionieri del carbone anche quando il carbone non si brucia più.

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