alessia serangeli


SORIANO NEL CIMINO – Se esiste davvero e ancora, qualcuno che rappresenta tutte insieme le figure iconografiche per eccellenza del carabiniere, quel qualcuno è Paolo Lonero. Luogotenente già da qualche anno, ma rimasto “il maresciallo” nell'immaginario collettivo. Grado, questo, che nei cuori è il più alto di tutti perché, come ha spiegato il comandante della Compagnia capoluogo ieri l'altro durante il conferimento della cittadinanza onoraria, ha sempre qualche capello bianco in più. Il maresciallo del paese è il pilastro di una comunità, colui che ha il compito di garantire la sicurezza e la legalità sul territorio di competenza, ma è anche il rappresentante dell'Arma più vicino alla gente e, per questo, ha il difficile compito di ascoltare e raccogliere istanze, problemi e richieste. Giorno dopo giorno, dopo giorno. Sì, è tutt'altro che facile, ma Lonero lo ha fatto: giorno dopo giorno, dopo giorno. Per ventitré anni e tre mesi, indossando fieramente quella divisa che sembra gli sia stata cucita addosso, tanto gli cade alla perfezione. Nel corso di questi lunghi anni, si sono succeduti comandanti provinciali, colonnelli e vice, capitani, uomini e mezzi, ma lui c'è sempre stato. Sempre: è stato il Comandante (con la maiuscola di rispetto) dei comandanti, in imprese eccellenti e di cui resta la memoria storica nelle cronache giornalistiche. Sua, ad esempio, la firma di quella che l'allora comandante provinciale, colonnello Gianluca Dell'Agnello, non esitò a definire “la più vasta operazione mai condotta in provincia di Viterbo contro la criminalità grazie al felice intuito investigativo di Lonero”. Era una tiepida alba del maggio 2012 quando il blitz dell'Arma, con la bellezza di quaranta arresti, decapitò un sodalizio criminale ramificato in mezza Tuscia, con tentacoli in Umbria, Emilia Romagna e Lombardia; e dedito a spaccio, estorsione, usura, sfruttamento della prostituzione e traffico di anabolizzanti.


Lonero è stato, però, anche l'uomo vicino – di volta in volta - ad un altro uomo in difficoltà; ad un padre preoccupato per le figlie appena adolescenti vittime di stalking telefonico; ad una famiglia incapace di sbarcare il lunario. Situazioni e gesti che non sono stati raccontati dai quotidiani, ma che restano gelosamente e preziosamente custoditi nei cuori di chi li ha ricevuti.


Arrivato il 23 agosto 1999 nel paese all'ombra dei Cimini dalla sua amata Sicilia, Lonero lascia la guida della stazione locale per prendere servizio nel capoluogo. “Viterbo ha sicuramente bisogno della sua professionalità e della sua preparazione”, è stato detto in diversi interventi, durante la cerimonia di cui abbiamo fatto cenno all'inizio. Ed è certamente vero, ma a Soriano e nelle frazioni di Chia, Sant'Eutizio e Santarello lascia un vuoto incredibile. Senza nulla togliere, e ci mancherebbe, al comandante che si insedierà e che si sa già essere in gamba. Ma, si comprenderà, con Lonero la comunità sorianese stava per celebrare le nozze d'argento, un traguardo che non si cancella con un colpo di spazzola. Anzi, a dirla tutta, il le
game di Lonero con Soriano è ancora più antico e risale al 1° agosto 1967, giorno in cui il suo papà prese servizio nel paese. Sì, perché Paolo è la seconda generazione di Lonero nell'Arma dei carabinieri e la tradizione continua: emozionante sorpresa durante la cerimonia di giovedì è stato infatti vedere il figlio del luogotenente in uniforme: percorrerà le orme del papà e del nonno. E avrà una carriera brillante, lo si è capito a colpo d'occhio: calza la divisa a pennello.


Arrivederci Comandante, buona vita e grazie e per tutto.